Mi conviene tenere la partita iva se fatturo 1000-2000 euro al mese? Calcolo ed esempi
Una serie di esempi e calcoli concreti spiegati in modo semplice per capre se conviene tenere una partita iva o aprirla se si fattura tra i 1000-2000 euro al mese
Perché è sempre una questione di calcoli e di convenienza. Anche e soprattutto quando c’è di mezzo l’apertura e la gestione di una partita Iva. Non solo, ma quando il volume d’affari è limitato, ecco che è naturale porsi alcune domande sulla convenienza reale alla prosecuzione di questa attività. Proviamo allora a fare alcuni esempi concreti e più precisamente vediamo insieme:
- Se fatturo 1000-2000 euro al mese, conviene la partita Iva
- Calcolo ed esempi partita iva se fatturo 1000-2000 euro al mese
Se fatturo 1000-2000 euro al mese, conviene la partita Iva
Quando si parla di partita Iva e dei costi da affrontare ci sono 3 voci principali da considerare e da cui è impossibile sfuggire. La prima è quella relativa alla tassazione. Il sistema fiscale italiano è di tipo progressivo. Significa che con il crescere dei ricavi aumentano le imposte da corrispondere. Si tratta di un principio che trova applicazione sia nel caso del lavoro di tipo dipendente e sia in quello autonomo ovvero a partita Iva.
La seconda voce che incide sui guadagni reali e dunque sulla convenienza a tenere aperta la partita Iva, anche nel caso di fatturazione tra 1000 e 2000 euro al mese è quello della contribuzione previdenziale. Anche in questa circostanza sono indispensabili alcune precisazioni. La quota da corrispondere è infatti fissa al 25,98% del fatturato lordo per tutti gli iscritti alla gestione separata dall’Inps. Tuttavia queste percentuali possono variare nel caso di iscrizione a un altro ente di gestione ovvero alle casse professionali a cui fanno appunto riferimento i vari professionisti. [N.d.R.: gli ISF non sono obbligati a versare contributi alla fondazione Enasarco]
La terza non eludibile voce che incide sui costi per un lavoratore autonomo è quella del commercialista. Non c’è un compenso fisso in quanto ciascun esperto ha un onorario differente, variabile anche in base alla differente complessità della situazione da affrontare. Per intenderci, se il volume d’affari è limitato e la partita Iva è di tipo forfettario, ecco che è lecito aspettarsi la richiesta di un compenso inferiore.
Se invece il commercialista è chiamato a curare i conti di una partita Iva complessa, ad esempio per via delle numerose spese deducibili, i costi da mettere in conto sono ben maggiori. La regola generale prevede che i ricavi devono essere maggiori delle spese necessarie per l’esercizio dell’attività. In caso contrario, l’apertura non conviene. Ma andiamo oltre per vedere alcuni esempi pratici.
Calcolo ed esempi partita iva se fatturo 1000-2000 euro al mese
Entriamo allora nei dettagli per vedere fino a che punto conviene tenere aperta la partita iva in caso di fatturazione tra 1.000 e 2.000 euro al mese, facendoci supportare da calcoli ed esempi.
La situazione di partenza è quella della fatturazione di circa 1.000 euro al mese che corrispondono a circa 12.000 euro all’anno. Si tratta di una cifra certamente adeguata per continuare a mantenere attiva la partita Iva. L’importo da pagare in termini di tassazione è infatti del 23% e dunque pari a circa 2.760 euro, a cui aggiungere i contributi previdenziali che si calcolano sul lordo e dunque equivalgono a circa 3.100 euro. Al netto delle spese per il commercialista, ecco che il guadagno reale si dimezza rispetto agli iniziali 12.000 euro.
Se la fatturazione è di circa 1.500 euro al mese, che corrispondono a circa 18.000 euro all’anno, cambia la valutazione da fare in quanto la partita Iva entra in un nuovo scaglione di reddito. L’importo da pagare in termini di tassazione sarebbe infatti del 27%. Non cambia la quota dei contributi, ma potrebbe variare quella del commercialista, se non di molto. Il guadagno netto si aggira intorno ai 10.000 euro.
Se la fatturazione è di circa 2.000 euro al mese, che corrispondono a circa 24.000 euro all’anno, lo scaglione di reddito è il medesimo del precedente in quanto lo step successivo è a 28.000 euro. Il ricavo netto è di circa 13.000 euro. In tutti i casi, si tratta di un volume d’affari tale per cui ci sentiamo di dire che in termini di valore assoluto, continua a rimanere la convenienza in un mercato del lavoro sempre più frammentato.
Note:
L'apertura di una partita Iva di per sè non costa nulla. Successivamente, però, il lavoratore autonomo si trova a dovere adempiere degli obblighi ben precisi e a sostenere delle spese. Tutto questo deve essere tenuto in considerazione quando si vuole avviare una propria attività.
Per poter lavorare serenamente è necessario che i guadagni superino le spese necessarie per l’esercizio dell’attività.
Prima di iniziare occorre quindi valutare con obiettività quali potranno essere i guadagni derivanti dall’attività. Quali beni o servizi si vogliono offrire? Si tratta di qualcosa di cui la gente ha bisogno? Quanta clientela si pensa di poter avere realisticamente? C’è concorrenza?
Occorre poi considerare le spese alle quali si dovrà andare incontro: per l’ISF sono soprattutto l’ammortamento auto e i relativi costi di gestione, le trasferte, il cellulare, ecc.. A queste bisognerà aggiungere i costi di cui si è parlato: le imposte che bisognerà presumibilmente pagare, i social security contributions, il costo di iscrizione alla Camera di commercio, l’onorario del commercialista.
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