I legali dei medici esultano per la cancellazione del reato di comparaggio. Ma rimane in piedi l’ipotesi più grave: il nesso tra regalìe e prescrizioni del latte
Of Pietro Barghigiani – 12/12/2014 -IL TIRRENO Pisa
PISA. Un’inchiesta in controluce. Riesaminata e limata, ma non demolita. Di sicuro ricollocata, per sottrazione, in un perimetro nel quale all’accusa non manca il materiale per chiedere un processo, ma che deve anche fare i conti con una contestazione accantonata rispetto ai contenuti iniziali. Nell’operazione “Medici low cost” – 18 arresti di cui due primari, dieci pediatri, cinque venditori e un dirigente d’azienda accusati di corruzione per favorire alcune marche di latte in polvere – con ordinanze nette viene cancellata l’accusa di comparaggio. Lo fanno i Tribunali del Riesame di Pisa e Firenze. Diversi nella composizione e nelle competenze sulla materia su cui pronunciarsi (a Pisa per i dissequestri dei regali, a Firenze per la revoca delle sospensioni dei medici dal servizio sanitario nazionale), ma univoci nell’affermare che quel reato “non sussiste perché il latte artificiale è un alimento e non un farmaco”.
Scompare il comparaggio. A distanza di tre settimane dalla raffica di arresti ordinati dalla Procura della Repubblica di Pisa, la rilettura degli atti d’accusa da parte di altri giudici (non le 5mila pagine dell’inchiesta, ma il sunto del quadro d’insieme), permette di sfrondare a grandi linee quelle che saranno le ragioni di accusa e difesa. Se il comparaggio è un reato laterale rispetto ai “gravi indizi di colpevolezza” ipotizzati dagli inquirenti e fatti propri dal gip che ha firmato gli arresti domiciliari, l’architrave resta il reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio. E su quello, con sfumature a tonalità variabile, sia il Riesame di Pisa che quello di Firenze hanno rimarcato che “può ritenersi sussistente – almeno a livello di fumus – la corruzione, sia pure con plurimi profili problematici per l’approfondito esame dei quali non è questa la sede deputata, dovendo essere sviluppati nell’incedere del procedimento”. Come dire: che sia un ulteriore passaggio davanti a un altro giudice e al limite il processo a chiarire presunte responsabilità che si intravedono nelle carte.
L’impianto regge. Ricostruzioni e comportamenti descritti nelle 92 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare appaiono snelliti in alcune parti, quelle meno compromettenti a livello penale -il comparaggio è un reato contravvenzionale previsto da un regio decreto del 1934 -, mentre il fulcro delle indagini rimane il tema della corruzione che i vari collegi non hanno affrontano nel dettaglio limitandosi, come prevede il loro ruolo, a stabilire in astratto la configurabilità del reato ipotizzato. E i giudici hanno detto in buona sostanza che, pur qualche correttivo rispetto all’impostazione di base, il baricentro dell’impianto accusatorio non subisce scossoni significativi.
Correzione di rotta. Primari e pediatri e quasi tutti i venditori sono di nuovo liberi per il venir meno delle esigenze cautelari. E questo lo si deve anche al detonatore mediatico degli arresti che ha “neutralizzato” gli eventuali illeciti penali. “Diciamo che il Tribunale del Riesame ha modificato un pochino la linea iniziale dell’accusa” chiosa l’avvocato Riccardo Taverniti che assiste un pediatra per il quale è pendente l’appello con cui si chiede la revoca della sospensione dall’esercizio dell’attività come medico convenzionato con l’Asl. Aggiunge il legale di altri due pediatri, in attesa di poter tornare a lavorare in convenzione con l’azienda sanitaria pisana, l’avvocato Stefano Ercoli: “Siamo agli inizi, ma mi pare che le ordinanze del Riesame mettano perlomeno in dubbio le certezze che hanno animato le accuse. Alcuni magistrati hanno dato dei fatti una lettura alternativa alla tesi della Procura”
Regali e viaggi agli atti. Quello che nessuno tra gli indagati ha potuto smentire sono i regali – televisori, iPhone, climatizzatori – pagati dalle aziende Mellin e Dmf per ingraziarsi la benevolenza di chi aveva l’opportunità di consigliare a una neomamma un latte artificiale al posto di un marchio concorrente. Nero su bianco ci sono anche i viaggi finanziati dalle due società, e per un caso anche dalla Humana Italia, attraverso il meccanismo dei buoni messi a disposizione nell’agenzia “New Taurus Viaggi Pisa Srl” . Vacanze in Italia e all’estero pagate con fondi che sulla carta sarebbero dovuti servire per sostenere le spese di partecipazione dei medici a convegni di livello scientifico internazionale. Soldi in uscita che i privati hanno pure trasformato in spese per pagare meno tasse. Un paradosso tutto italiano per cui le somme, servite per assicurare i soggiorni dei pediatri e dei loro familiari, venivano fatte passare come costi necessari a garantire la presenza dei camici bianchi in convegni di rilievo mondiale e quindi, per legge, fiscalmente detraibili.
Le difese. Il refrain di medici e venditori è che i regali non hanno mai condizionato l’indicazione di un prodotto a scapito di un altro. “Questa prassi commerciale è vecchia come il mondo. Spesso sono i medici a mettere in competizione le ditte” ha dichiarato al Tirreno l’area manager della Dmf arrestato e poi tornato in libertà. “Trovate una madre che è stata sconsigliata dall’allattare al seno e costretta a comprare un latte artificiale” è la linea Maginot delle difese che sfidano l’accusa a provare il contrario. Per i medici il nesso causale tra l’incremento nell’acquisto di un certo tipo di latte e l’arrivo di regali e viaggi pagati non è mai esistito. Sarebbero due situazioni parallele che vivono di vita propria senza interferenze, al contrario della rappresentazione dei fatti che il 21 novembre ha portato ai domiciliari diciotto incensurati tra primari, pediatri e venditori. Le accuse hanno scatenato in ordine sparso e con una spontaneità inattesa un diga difensiva nata su Facebook e consolidata in sottoscrizioni pubbliche. Quella delle famiglie si è rivelato il fronte più agguerrito. Loro, le mamme, hanno già assolto i medici a prescindere dall’ammissione dei benefit. Su un foglio affisso in un ambulatorio per dare il via a una petizione, c’era già la sentenza di assoluzione del medico pronunciata dal “Tribunale delle madri”: “Se ha ricevuto compensi restituirà ciò che deve. La malasanità è altro”.