Prot. 850
Final document of the ISF National Assembly of 12 April 2016
L’assemblea odierna ha sicuramente avuto il merito di rimettere al centro dell’attenzione il tema dell’informazione scientifico-farmaceutica, in un contesto nel quale la professionalità espressa dalla figura può tornare ancora utile e centrale nel sistema sanitario nazionale e nei cambiamenti che continueranno ad interessarla.
I problemi, esposti nella relazione introduttiva, confermati e meglio puntualizzati dai molti interventi del dibattito e ripresi nelle conclusioni, sono sostanzialmente i seguenti:
1. Scarso rispetto della legislazione vigente in materia;
2. Tentativo di snaturare la figura dell’informazione da scientifica a commerciale;
3. Transizione degli informatori espulsi dal ciclo lavorativo con contratto subordinato, verso un attività sostanzialmente autonoma, a provvigione (ENASARCO);
4. Incongruenze tra normativa e dettami contrattuali (CCNL Chimico Farmaceutico);
5. Tecnologia informatica e controllo a distanza;
La legislazione che regolamenta l’attività scientifica degli informatori risale alla legge 883 del 1978 con cui si istituisce il Servizio Sanitario Nazionale, nella quale viene regolata per la prima volta questa preziosa ed indispensabile attività: all’art. 31 “AL servizio sanitario nazionale spettano compiti di informazione scientifica sui farmaci e di controllo sull’attività di informazione scientifica [….] È vietata ogni forma di propaganda e di pubblicità presso il pubblico dei farmaci sottoposti all’obbligo della presentazione di ricetta[….], tenuto conto degli obbiettivi di educazione sanitaria [….]e delle direttive in materia della Comunità economica europea.”
Con il successivo Decreto Legislativo 541/92 vengono definiti in modo molto chiaro ed inequivocabile i limiti della pubblicità presso i clienti, sostanzialmente strutture pubbliche ma anche le caratteristiche della Informazione Scientifica e degli operatori che la andranno a svolgere.
Lo stesso decreto verrà poi inglobato nella legge 219/2006, la quale conferma la necessità del controllo legislativo e, in rispetto alla concorrenza Stato / Regioni sul Servizio Sanitario, emana le “Linee guida di regolamento regionale dell’informazione scientifica sul farmaco” affinché le Regioni, attraverso apposita legislazione aderente alle linee guida, istituiscano regole alle quali le aziende farmaceutiche debbono attenersi.
Tornando alla legge 219/2006, in essa viene specificato che “L’ISF deve dipendere da un’area scientifica dell’azienda, non dal marketing o vendite e gli stessi ISF devono riferire al servizio di farmacovigilanza” (art. 122); ancora, “il rapporto dell’ISF con il farmacista è limitato alle informazioni contenute nel riassunto delle caratteristiche del medicinale” (art.121).
In sostanza l’ISF non è un venditore. Detta affermazione è rafforzata da autorevoli pronunciamenti di esponenti dell’Agenzia del farmaco (AIFA) e da sentenze della Cassazione che si è pronunciata in merito.
Non tutte le Regioni, ad oggi, hanno però adottato regolamenti rispettosi delle LINEE GUIDA e solo alcune di esse hanno emanato regole aderenti ad esse. A ciò vanno aggiunti gli effetti sulla spesa sanitaria del nuovo Decreto Balduzzi, sull’efficienza economica delle Regioni. Il combinato disposto di tale situazione, comporta una condizione fortemente eterogenea nei processi e nelle modalità emanate: cambiano processi, gestori, decisori, insomma cambia tutto!
Questo comporta oggi una mancanza di omogeneità di condizioni che stanno causando aree di incertezza proprio sull’elemento cardine della volontà legislativa, ovvero la necessità di garantire “l’indipendenza dell’attività di informazione scientifica” .
A complicare la situazione è intervenuto anche il CCNL Chimico Farmaceutico, che di fatto vede la categoria degli Informatori scientifici inquadrati nella macro area funzionale commerciale/marketing/vendite, anche se va sottolineato che, in base alla gerarchia delle fonti di diritto, il Contratto Collettivo non ha la forza della legge.
Va chiarito che il tema relativo alla deroga per l’assunzione di informatori senza esperienza in categoria C, successivamente inquadrato nel livello B dopo tre anni, resta comunque una norma transitoria da considerare come inquadramento di ingresso e non comporta alcuna assimilazione alla figura professionale di venditori e piazzisti.
Il punto da valutare attentamente è quello della forma di inquadramento contrattuale dell’informazione scientifica. Stiamo assistendo ad grande proliferare di contratti di agenzia, ovvero lavoratori autonomi che prestano la loro attività, impropriamente chiamata “informazione scientifica”……..ora dovremmo chiederci: dal momento che il contratto di agenzia prevede per sua natura che una parte preponderante della retribuzione sia assegnata attraverso provvigioni, come può essere la prestazione considerata indipendente dalle vendite?
Attraverso alcuni elementi potremmo pensare di stabilire come realizzare l’indipendenza funzionale dell’informazione scientifica, ad esempio:
Non sottoporre in ordine gerarchico L’ISF al direttore commerciale
Adeguata descrizione delle caratteristiche della mansione
Segregazione dei ruoli ( scientifico/commerciale)
Parametri multipli nella parte variabile dello stipendio (non solo vendite e/o fatturato)
Conformità legislativa
Formazione e relazioni aziendali interne dell’ISF (qualità della reportistica)
Regolamentazione di processi per donazioni, comodati nei confronti di persone o enti pubblici.
Detto ciò, è necessario osservare quello che sta avvenendo ormai da diversi anni nelle aziende del settore dal punto di vista del sistema organizzativo. Dagli studi di marketing sulla “efficacia della forza di vendita”, si evince che la figura dell’ISF appare sempre più coinvolta nel sistema commerciale.
Questo sta causando un cambiamento che riguarda la rete complessiva degli informatori sempre più snella, con un basso turn/over, con un affiancamento di contatto on line destinato a crescere nel tempo, con una formazione sempre più mirata agli aspetti del sistema tecnologico ed informatico piuttosto che agli aspetti di natura scientifica dell’attività .
Attraverso l’inserimento delle piattaforme informatiche e l’evoluzione delle stesse sostanzialmente si sono acuiti due problemi molto importanti.
Il primo è quello relativo al controllo a distanza attraverso le cosiddette “geolocalizzazioni”, su cui hanno pesato anche le novità introdotte dall’art. 23 del “jobs act” che sostituisce l’art. 4 dello statuto dei lavoratori.
In pratica, mentre per l’installazione di una videosorveglianza interna all’azienda serve un accordo con le RSU o con il sindacato territoriale, per tablet, palmari e telefonini non ci sono limitazioni particolari, se non quelle dell’informazione individuale al lavoratore. A questo va aggiunto che con alcuni semplici interventi le aziende possono installare APP e GPS particolarmente invasivi.
La tematica, pur essendo particolarmente attenzionata dalle OO.SS. e tenuta presente nelle discussioni aperte in occasione degli accordi di secondo livello, resta comunque un elemento ostico per gli effetti che produce e ci vedrà sicuramente impegnati anche a seguito di emeriti pronunciamenti come il Garante della privacy del Consiglio d’Europa.
Ad oggi possiamo solo affermare che il “controllo a distanza non può e non deve servire per costruire contestazioni, o peggio, provvedimenti disciplinari, anche se comunque ciò resta una parziale soluzione al problema”.
Il secondo problema, intimamente collegato all’introduzione della tecnologia, è quello della necessità di intercettare l’evoluzione del settore rendendo sempre più difficile e controverso individuare il limite, per noi invalicabile, tra l’informazione scientifica e le operazioni di marketing commerciale.
Parallelamente alle tante operazioni comportamentali imposte di routine all’informatore, vi è la modificazione oggi sempre più veloce dell’organizzazione aziendale. Con l’evoluzione della dotazione informatica sempre più all’avanguardia e l’inserimento del sistema operativo “CRM”, usato per la rapportazione del lavoro, sono nate nuove figure professionali di livello gerarchicamente superiori all’ISF, con l’intento di estendere e migliorare la qualità dell’attività di informazione, come i KAM ( Kay Account Manager) e ML (Medico di Prodotto).
Queste figure, nate per il supporto scientifico degli ISF a causa del processo di commercializzazione del rapporto con il cliente, sono finite per essere figure a cavallo delle diverse aree aziendali ed al tempo stesso sempre più interfaccia dei clienti intesi come Ministeri e Direttori generali. Mentre negli anni 80/90 era sufficiente analizzare la copertura e la frequenza delle attività dell’ISF per verificare le curve di risposta prescrittiva dei medici, oggi parliamo di un sistema molto più complesso che riguarda tutto il processo del business farmaceutico diffuso sul territorio che, insieme alla riduzione del fatturato delle imprese e la spinta dei generici, fanno sì che i dati da acquisire nei contatti dall’ISF siano sempre più complessi.
Proprio l’introduzione per legge dell’uso dei farmaci bio-equivalenti (generici) ha fornito alle aziende l’alibi per ridimensionare se non chiudere del tutto la “primary care” (generalmente così è denominata la linea di informazione rivolta ai medici di medicina generale con farmaci a basso costo e basso profitto) ed espellere gli ISF, in barba al ruolo etico dell’informazione scientifica, concentrandosi su farmaci biotecnologici ad altissimo costo (mediamente dodicimila euro anno per paziente) bassissimo numero di ISF e capaci di generare enormi profitti.
Questo ridimensionamento della “primary care” è avvenuto targhettizzando i medici in base al potenziale prescrittivo e focalizzando il minor numero di ISF solo sui medici a più alto potenziale. Di pari passo, a supporto, entrano in azione le figure superiori, KAM ed ML che interagendo con i decisori della spesa sanitaria ne orientano l’indirizzo.
Tutta ciò sta di fatto completamente stravolgendo la natura dell’informazione scientifica e il suo valore etico che ha ispirato il legislatore, agganciando l’ISF sempre di più al canale commerciale con la relativa crescita dei contratti di agenzia, dando luogo a conflitti di interesse nocivi per il sistema.
Rischiamo in questo modo di perdere di vista il paziente che non è più l’utente debole da curare ma il pollo da spennare e non meravigliamoci se in questo marasma possa cresce il malaffare.
Il ruolo dei celati informatori, dietro le partite Iva a provvigione, ci porta dritti nel campo emergente della Nutraceutica dove, tolti gli integratori da banco del supermercato, si entra nel campo “dell’utilizzo e prescrizione (es. Nutrizione perioperatoria e integrazione di cura farmacologica)”. Qui di fatto stanno nascendo le stesse contraddizioni proprie dei farmaci mentre sarebbe utile e necessario utilizzare le stesse caratteristiche etiche e deontologiche proprie dell’informazione Scientifica.
Lo smantellamento delle linee di informazione scientifica ha generato una riduzione significativa degli investimenti in servizi sul nostro territorio nazionale da parte delle aziende farmaceutiche che continuando a macinare profitti delocalizzando in altri Stati gli utili. La massima esasperazione di questo sistema la attuano le aziende di bio-equivalenti (generici) che non supportano la molecola ma la piazzano in farmacia e gli utili di tale vendita vengono trasferiti all’estero senza alcuna ricaduta occupazionale sul territorio.
Le precedenti riorganizzazioni, attuate in un periodo di presunta grande crisi del settore, hanno espulso migliaia di informatori scientifici, nel silenzio assoluto della politica, anche in funzione del fatto che le aziende “piene di utili” erano disposte a pagare lauti compensi per chiudere le procedure di mobilità senza opposizioni, ridimensionando l’impatto sociale.
Nessun governo ha mai approntato un tavolo tecnico per difendere i posti di lavoro di questa categoria nonostante fossero stati licenziati in 8 anni più di quindicimila lavoratori, con il paradosso che lo Stato Italiano resta l’unico committente di queste aziende farmaceutiche. Tale atteggiamento può essere ricondotto al fatto che, nell’immaginario collettivo gli informatori sono sempre stati considerati un costo per le imprese e dallo Stato dei venditori che aggravavano la spesa sanitaria, attraverso il loro operato.
Purtroppo tutto ciò rappresenta una visione miope frutto della mancata conoscenza, mentre il vero rischio sarebbe l’ eventuale scomparsa della figura dell’informatore che lascerebbe spazio a figure e strumenti ben più aggressivi, pericolosi e commerciali. In conclusione l’assemblea nazionale condivide la necessità di dotarsi di un Coordinamento Nazionale e di un ristretto gruppo di lavoro, per costruire approfondimenti sui singoli aspetti riguardanti l’attività dell’informazione scientifica e definire le iniziative di supporto per tentare di modificare il percorso in atto.
Il seguente documento è redatto tenendo conto della Relazione introduttiva del Dipartimento Chimico Farmaceutico, del contributo dei partecipanti e delle conclusioni del Segretario Generale Emilio Miceli.
Sono intervenuti al dibattito: Daniele Antonio e Mirco Papaianni (Pfizer); Angelandrea Fontana (SPA S.p.A.); Raffaele Cascone (Ex Gsk); Pietro Gualandi (Farmaceutici Damor); Riccardo Catra ( Zambon Italia); Sergio Indiano (Fidia Farmaceutica); Mirko Ferrarini (Novartis Farma); Sergio Martoni (Alfawasserman); Vinicio Vicari (Pierre Fabre); Alessandro Berchielli (Eli Lilly Italia S.p.A.); Antonio Mazzarella (Sanofi S.p.A.); Cosimo Ancora (Msd Essex ); Salvatore Maiellaro (Ex Astrazeneca); Fabrizio Fabrizi ( JanssenCilag); Giovanni Bersani (Menarini).
Relazione introduttiva di Cardinali assemblea isf 12-4-16-def