In dieci anni, dal 2001 al 2010, il deficit in sanità ha raggiunto quota 38 miliardi di euro, con un debito a cittadino che vale 646 euro, ma che in alcune regioni presenta numeri a quattro cifre, come per esempio nel Lazio, con 2.460 euro, nel Molise, con 1.991, e in Campania, con 1.483. Dati questi che destano non poche preoccupazioni, soprattutto perché, come ricorda un articolo del 25 luglio del Sole 24 Ore, dal 2001 i ricoveri sono diminuiti del 17%, i posti letto dell’11% (pari a 32.357 unità in meno), il personale dipendente è pressoché rimasto invariato e la farmaceutica territoriale si è spesso posizionata sotto il tetto (-0,7% nel 2010). Dal 2006 al 2009 a essere cresciuta più delle altre voci è la spesa per l’acquisto di beni e servizi (+7,6%) e nel 2010 per la specialistica (+6,1%). Ma una riflessione è necessaria anche in termini più ampi, visto che gli anni a venire non saranno certo rosei. In primo luogo per la Manovra, recentemente varata, che ha previsto 7,5-8 miliardi di riduzione di trasferimenti in tre anni. Con la conseguenza che Regioni e cittadini sono chiamati a coprire le mancate entrate. Ma a spaventare c’è anche l’incognita federalismo fiscale e costi standard, che dal 2013 sarà sempre più una realtà per le strutture sanitarie italiane. Già adesso sono molte le Regioni commissariate (Lazio, Campania, Calabria, Abruzzo, Molise) o sottoposte a piani di rientro dai deficit (Piemonte, Puglia, Sicilia).
DoctorNews – 26 luglio 2011