Sister Act, azioniste critiche pronte a intervenire all’assemblea di Pfizer
Trapelano le previsioni di Pfizer legate al Covid-19: una vaccinazione all’anno e molti guadagni. Le suore azioniste attive interverranno in assemblea
Valori – 19 aprile 2021 – di Simone Siliani
Una conferenza a porte chiuse da cui trapelano informazioni interessanti
Chiedono transparency sul ruolo dei finanziamenti pubblici di cui ha beneficiato l’azienda per realizzare il vaccino anti Covid-19. Sostengono che, se questi fondi sono stati decisivi per il vaccino, allora questo non dovrebbe essere pagato una seconda volta dai cittadini. Inoltre, chiederanno conto a Pfizer delle loro previsioni di crescita esponenziale di ricavi, in connessione con il passaggio dalla fase pandemica a quella endemica del Covid-19.
L’11 marzo scorso alcuni dirigenti di Pfizer hanno partecipato alla Conferenza Globale sulla Sanità di Barclay. Una conferenza online che avrebbe dovuto rimanere circoscritta ai partecipanti, ma la cui trascrizione è arrivata nelle mani delle organizzazioni cattoliche, azioniste di minoranze dell’azienda americana. Frank A. D’Amelio, direttore finanziario e vicepresidente esecutivo della fornitura globale della multinazionale farmaceutica, e Charles E. Triano, vicepresidente senior con delega alle relazioni con gli investitori, si sono lasciati andare ad una serie di dichiarazioni e previsioni. Hanno parlato degli andamenti finanziari futuri per la Pfizer, che hanno suscitato le legittime preoccupazioni e domande delle suore azioniste.
Se l’anno 2020 è stato positivo per l’azienda (+8%) con 42 miliardi di dollari di ricavi e 14,5 di cash flow, il 2021 è previsto in crescita del 41%, di cui ben il 30% legato al “business” Covid-19. Ma sono soprattutto le previsioni a lungo termine che hanno inquietato le azioniste etiche. I dirigenti di Pfizer hanno dichiarato che stanno «valutando la possibilità di una terza dose del vaccino, un richiamo, per capire la durata dell’immunizzazione e l’efficacia rispetto alle varianti emergenti del virus».
«Riteniamo – hanno continuato i due manager – che stia diventando sempre più verosimile che ci sarà una vaccinazione annuale contro il Covid-19. E vediamo questa possibilità come una cosa che si protrarrà per il prevedibile futuro». Questo consente di fare previsioni finanziarie decisamente favorevoli per l’azienda americana. Infatti, continuano i manager «se guardiamo ai prezzi dell’attuale domanda e offerta, questi non sono guidati dalle normali condizioni di market. Bensì dal tipo di pandemia in cui ci troviamo e dalle necessità dei governi di assicurarsi le dosi di vaccino dai diversi produttori. Noi pensiamo che, quando passeremo dalla condizione di pandemia ad una situazione endemica, le normali condizioni di mercato saranno ripristinate. Fattori come efficacia, richiami, utilità clinica diventeranno molto importanti. E, francamente, una significativa opportunità dal punto di vista della domanda e dei prezzi per il nostro vaccino».
Il finanziamento pubblico della ricerca del vaccino
Ecco perché le suore azioniste il 22 aprile all’assemblea degli azionisti di Pfizer chiederanno al management dell’azienda un completo e trasparente rapporto agli azionisti sui finanziamenti pubblici ricevuti per sviluppare e produrre il vaccino o le terapie per il Covid-19. E se questi verranno presi in considerazione nelle decisioni relative all’accesso a tali prodotti, come appunto quelle sui prezzi.
Infatti, tanto Pfizer dal governo degli Stati Uniti, quanto BioNTech da quello tedesco, hanno percepito cifre significative. La prima per la ricerca e sviluppo (R&S) del vaccino e la seconda per la produzione dello stesso. Allo stesso tempo il governo americano aveva sottoscritto un accordo per l’acquisto di 100 milioni di dosi del vaccino per 1,9 miliardi di dollari, una volta che la Food and Drug Administration ne avesse approvato l’uso. Tale accordo ha ovviamente costituito un enorme vantaggio per l’azienda. Riducendo il rischio d’impresa e dando agli investitori fiducia in ritorni attesi nell’investimento nell’azienda.
L’accesso al vaccino sarà diseguale
Ora, oltre al problema di obbligare i contribuenti americani a pagare due volte il vaccino, le azioniste critiche sollevano a Pfizer un problema etico fondamentale. Gli elevati costi del vaccino renderanno ineguale l’accesso allo stesso, creando così anche serie conseguenze economiche. Uno study commissionato dalla Camera di Commercio Internazionale mette in evidenza come una iniqua distribuzione avrà un costo per l’economia globale di oltre 9mila miliardi di dollari, per il 50% sulle spalle dei Paesi più sviluppati.
I soli Stati Uniti potrebbero perdere 1.300 miliardi di dollari, o il 6,5% del Prodotto interno lordo, nel 2021, se i vaccini contro il Covid-19 non saranno distribuiti equamente fra i Paesi a basso e medio reddito. Purtroppo è esattamente quello che sta accadendo: solo 4 delle 29 nazioni a più basso reddito hanno iniziato a
OCSE: i prezzi dei vaccini dovrebbero essere vicini ai costi di produzione
Anche l’OECD in un documento ufficiale sulla risposta al virus del maggio 2020 aveva sollevato l’argomento. «Nel contesto del Covid-19, grandi quantità di finanziamenti pubblici sono stati allocati per la R&S e altri finanziamenti saranno necessari. Avendo i contribuenti già sostenuto molti dei rischi e dei costi. E dato che un ampio accesso a nuovi vaccini e a cure efficaci è la chiave per il ripristino della vita sociale ed economica, i diritti di proprietà intellettuale non dovrebbero costituire delle barriere finanziarie all’accesso. Inoltre, i prezzi dei prodotti dovranno essere vicini ai costi di produzione per garantirne l’accessibilità». Ma già oggi il prezzo del vaccino Pfizer in America è superiore a quelli delle altre case farmaceutiche: 19,50 dollari contro i 15 di Moderna, i 4 di AstraZeneca e i 10 di Johnson & Johnson.
Ecco allora che le azioniste critiche chiederanno a Pfizer transparency e una decisiva inversione di rotta nella strategia finanziaria dell’azienda americana e del partner industriale tedesco BioNTech. Speriamo in un happy end per tutti nell’assemblea degli azionisti del 22 aprile come nel fortunato film con Woopy Goldberg.
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Note: I principali azionisti della Pfizer sono:
BlackRock (7,12%),
Barclays Global Investors (5,17 %),
State Street Corporation (5,01 %),
Vanguard (8,03 %),
AXA (2,68 %),
Franklin Resources (2,25%),
Capital Research and Management Company (2,11%),
Deutsche Bank (2,00%),
Dodge & Cox (1,81%),
Mellon Financial Corporation (1,67%),
Legg Mason (1,34%).
+ azionariato diffuso
Le associazioni religiose hanno acquistato pacchetti di azioni di Pfizer e ben 17 di loro hanno costituito un gruppo che possa intervenire direttamente alla riunione annuale della multinazionale del farmaco.
I primi 5 azionisti di Pfizer formano un gruppo di controllo col 30% delle azioni. È curioso che I primi 5 azionisti di AstraZeneca (tranne la svedese Investor Aktiebolag col 3,9% delle azioni) siano gli stessi di Pfizer: Blackrock ha il 7,7% (è anche terzo azionista di Moderna), Wellington Management il 5,9%, Capital Group il 4,9%, Vanguard con 3,5%. Ed è curioso che anche J&J abbia nel proprio azionariato ai primi tre posti Vanguard, Blackrock e State Street, che detengono insieme il 21,29% della società.
Il numero di investitori istituzionali presenti nell’azionariato Pfizer è di 3.319. Pfizer (NYSE: PFE ) è da tempo uno dei temi preferiti dagli investitori in cerca di reddito. Lo è ancora, con un rendimento da dividendi di quasi il 4,4%. Il valore di una azione è di circa 40 $, stimato in crescita.
Nell’ultimo mese la capitalizzazione del gruppo si aggira intorno ai 229 miliardi di $, ben superiore ai valori di fine 2019.
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