Gli integratori naturali non sono medicinali e i singoli Governi dell’Unione europea non possono classificarli come tali, richiedendo la stessa procedura rigorosa prima della commercializzazione. Gli integratori non presentano i due criteri fondamentali stabiliti dalle direttive Ue per essere classificati come farmaci. Mancano il requisito della «presentazione» (riferito al diverso confezionamento) e, soprattutto, quello della «funzione», perché si tratta di preparati naturali e non chimici. Con questa premessa la Corte di giustizia Ue del Lussemburgo (prima sezione, sentenza del 15 novembre nella causa C-319/05) ha condannato la Repubblica federale di Germania per violazione della direttiva comunitaria 83 del 6 novembre 2001 (in particolare gli articoli 28 e 30), relativa ai medicinali per uso umano. «La Germania è venuta meno agli obblighi a essa incombenti per l’appartenenza all’Unione europea», riferisce la Corte, accogliendo il ricorso presentato dalla Commissione di Bruxelles che aveva citato in giudizio la Germania per aver etichettato come medicinale un integratore in capsule a base di aglio liofilizzato. «Classificazione non proporzionata alle finalità di tutela della Sanità pubblica», ammonisce la Corte (presidente Jann, relatore Barthet, avvocato generale Trstenjak), evidenziando «un effetto restrittivo» al libero commercio degli integratori. Il Governo tedesco ha sostenuto con forza la necessità di tutela della salute pubblica, spiegando che solo la classificazione come farmaco avrebbe permesso un reale controllo degli effetti di quel particolare integratore. Riferimento fin troppo «generico», ha replicato la Corte, che non può certamente «giustificare la sottoposizione a una procedura particolarmente rigorosa», come quella necessaria per l’immissione in commercio di un medicinale. Servivano motivazioni precise per sottoporre il "prodotto" alimentare «al regime dei medicinali». «Per giunta – si legge ancora – lo Stato membro, anziché sottoporre il prodotto in questione a una complessa procedura, avrebbe potuto prevedere una etichettatura appropriata, che avvertisse i consumatori dei potenziali rischi connessi al consumo di tale prodotto. Questa soluzione – precisano le motivazioni – pur essendo conforme all’obiettivo di tutela della Sanità pubblica, avrebbe comportato restrizioni meno gravi per la libera concorrenza». Il ministero tedesco della Sanità dovrà rivedere le proprie convinzioni e non potrà certamente respingere, come aveva fatto nel 2001, la richiesta di autorizzazione per l’importazione e la vendita delle capsule da 370 milligrammi «all’estratto d’aglio» del quale sono note le proprietà benefiche, in particolare per la cura all’arteriosclerosi. Decisione che «non ha rispettato il principio di proporzionalità», ha concluso la Corte di giustizia europea, pur riconoscendo che medicinali e integratori hanno in comune un «effetto fisiologico», ma sottolineando che la loro commercializzazione deve essere regolamentata in maniera diversa, imponendo meno vincoli ai preparati naturali. Il Sole 24 Ore Sanita’ del 04/12/2007 4-10 DICEMBRE 2007 – N. 47 LAVORO p. 31