Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è pronto a prorogare lo stato d’emergenza deliberato per il Coronavirus fino al 31 dicembre 2020. L’attuale scadenza è prevista per la fine di luglio: “Ragionevolmente ci sono le condizioni per proseguire lo stato di emergenza”, afferma. Vediamo cosa significherebbe questa proroga e cosa comporterebbe nel concreto.
Lo stato d’emergenza causato dall’epidemia di Coronavirus verrà prorogato fino al 31 dicembre 2020. La notizia è filtrata questa mattina su alcuni giornali e viene confermata, seppur solo in termini di probabilità, anche dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Che a Venezia, alla cerimonia del Mose, risponde ai giornalisti sul tema: “Ragionevolmente ci sono le condizioni per proseguire lo stato di emergenza per il Coronavirus dopo il 31 luglio”. Il presidente del Consiglio, infatti, sottolinea che lo stato d’emergenza serve “per poter adottare le misure necessarie”, ma non per tenere sotto controllo il virus. Permetterebbe, quindi, di adottare gli strumenti adatti per provare a contenere il Covid. L’eventuale decisione dovrà essere presa dal Consiglio dei ministri, ma al momento non c’è ancora nessuna certezza: “Non è ancora stato deciso tutto, ma ragionevolmente si andrà in questa direzione”, afferma Conte dando ormai quasi per certa la proroga. La notizia era stata anticipata questa mattina da Stampa e Messaggero: lo stato d’emergenza, dichiarato a gennaio, è in scadenza il 31 luglio.
Cosa significa la proroga dello stato d’emergenza
Prorogare lo stato d’emergenza, come detto da Conte in poche parole, permette di emanare una serie di norme in maniera più rapida. In sostanza si possono emanare provvedimenti relativi all’emergenza in deroga alle norme vigenti, il che consentirebbe di farlo nell’immediato. Anche in caso di misure limitanti per la libertà individuale, come avvenuto per esempio con il lockdown. La proroga dello stato d’emergenza viene ritenuta importante perché consentirebbe al governo di varare le misure urgenti senza passare per l’approvazione del Parlamento, riducendo così i tempi della loro entrata in vigore ed efficacia.
Dai dpcm alla seconda ondata: le motivazioni della proroga
Lo stato d’emergenza permetterebbe di proseguire con l’utilizzo dei dpcm, tanto utilizzati durante la fase di massima emergenza, per emanare alcune norme. Non solo, perché a beneficiarne sarebbe anche la Protezione Civile, che potrebbe continuare ad acquistare le mascherine e altri dispositivi senza ricorrere alle classiche procedure di gare che rallenterebbero i tempi. Inoltre si garantirebbe più libertà di movimento al commissario Domenico Arcuri, anche in vista della fornitura delle mascherine alle scuole con il nuovo anno scolastico.
Non a caso a spingere nella direzione della proroga ci sono anche il Comitato tecnico scientifico e il ministero della Salute. La necessità della proroga, al momento, sembra derivare più dalla situazione della pandemia a livello globale che dalla diffusione in Italia, dove al momento il virus è più sotto controllo. Non avviene, però, altrettanto all’estero e il rischio di casi importati è molto elevato.
Così come quello di nuovi focolai e l’ipotesi di avere a disposizione strumenti immediati per eventuali strette, limitazioni e chiusure viene ritenuta fondamentale. Il timore principale, quindi, è quello di una seconda ondata in autunno. E se così dovesse essere il governo e Conte vogliono farsi trovare pronti e avere gli strumenti adatti, come i dpcm, per intervenire immediatamente e provare a contenere eventuali nuovi focolai.
Note: A quanto appreso dall’Adnkronos Salute questa decisione potrebbe comportare, tra le altre cose, anche la proroga del ricorso allo smartworking.
Comunque una delibera del consiglio dei ministri deciderà la proroga fino al 31 dicembre o forse fino al 31 gennaio 2021. Occorrerà poi stabilire quali misure rimarranno in vigore (ad esempio il distanziamento sociale o altre misure sanitarie) anche dopo il 31 luglio, alla scadenza del primo stato di emergenza. Un passaggio necessario, altrimenti decade l’obbligatorietà di una serie di protocolli.
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