Congresso Sifo/ Rocchi: «Forniture farmaceutiche: servono misure urgenti per evitare ricadute gravi su pazienti e SSN»
Il comparto dei farmaci fuori brevetto chiede interventi per l’adeguamento dei prezzi di acquisto del SSN di tutti i medicinali a rischio di sostenibilità industriale
«Le aziende produttrici di medicinali fuori brevetto rischiano di essere stritolate da una crisi che può mutarsi in una catastrofe che colpirebbe in primo luogo i pazienti e il SSN». A affermarlo Massimiliano Rocchi, vicepresidente di Egualia, intervenuto oggi al XLIII Congresso Nazionale SIFO (farmacisti ospedalieri) in corso da ieri a Bologna, nel corso della tavola rotonda “Monitoraggio della spesa farmaceutica per farmaci e DM: il prezzo è giusto?”.
Al centro dell’intervento gli effetti dello shock economico generato prima dalla pandemia e ora dal conflitto russo-ucraino e la necessità di interventi urgenti a sostegno del comparto dei farmaci fuori brevetto.
«Il nostro settore rappresenta in molte aree terapeutiche il primo fornitore del SSN. Ma negli ultimi 12 mesi i costi delle materie prime sono triplicati, le tariffe di spedizione sono sei volte più costose, i costi energetici sono aumentati di oltre il 230% rispetto alla media 2018-2020 e quelli di plastica, vetro alluminio e carta, oltre alla scarsità, spingono i prezzi complessivi alla produzione ben oltre il 10 % in aumento.», ha spiegato Rocchi.
«Ben il 26% dei nostri prodotti venduti in farmacia ha un prezzo inferiore o uguale a 5 euro: sono quelli maggiormente a rischio di sostenibilità industriale assieme a tutte le forme iniettabili sterili vendute agli ospedali – ha proseguito -. L’attuale regolamentazione dei prezzi dei farmaci generici-equivalenti non consente alcun adeguamento all’inflazione e rende impossibile rinegoziare i prezzi di aggiudicazione delle procedure di acquisto pubbliche. Questo stallo rischia ormai concretamente di determinare l’interruzione delle forniture (con tutte le conseguenze del caso) o il ritiro dei relativi prodotti dal mercato. Sarebbe una prospettiva agghiacciante dal momento che il nostro comparto fornisce in media circa il 30% del consumo farmaceutico nazionale e, in particolare nelle forniture ospedaliere, vi sono intere aree terapeutiche dove le nostre imprese forniscono oltre il 70% del fabbisogno annuo di farmaci».
Le richieste del comparto puntano in primo luogo ad ottenere interventi urgenti al capitolo della revisione dei prezzi che tenga conto della rivoluzione dei costi in atto.
«Per le forniture ospedaliere serve una norma di legge e un fondo speciale dedicato all’adeguamento dei prezzi di aggiudicazione da parte delle centrali di acquisto regionali che consenta la revisione dei prezzi per i contratti di fornitura in corso, iniziando dalle categorie di farmaci a maggiore rischio di interruzione delle forniture, come gli sterili-iniettabili fuori brevetto, tra cui figurano farmaci essenziali e salva vita (molti oncologici) – ha aggiunto Rocchi -. Oggi questi prodotti si stima valgono una spesa complessiva per le Regioni poco superiore a 200 milioni di euro annui. Per rendere le forniture industrialmente sostenibili nel tempo, mitigando gli effetti della crisi inflattiva, servirebbe un fondo di almeno 40 milioni di euro per un adeguamento dei prezzi di aggiudicazione dei contratti in corso di fornitura».
«Più in generale – ha concluso – andrebbe rapidamente individuata una nuova modalità per la richiesta straordinaria di rinegoziazione in aumento dei prezzi dei farmaci nei casi in cui sussistono rischi per la sostenibilità industriale. E vanno rivisti i criteri di gestione delle procedure di gara, privilegiando l’offerta economicamente più vantaggiosa, gli accordi quadro per categorie di farmaci a rischio disponibilità e continuità forniture, e puntando a realizzare una puntuale quantificazione dei fabbisogni e raggiungere maggiore congruità dei prezzi a base d’asta, avendo come obiettivo la salvaguardia della presenza di più operatori sul mercato e la mitigazione dei rischi di interruzione di approvvigionamento dei prodotti».
On StartMagazine si dice che l’aumento delle spese per la produzione di questi farmaci generici ed essenziali ha incentivato uno spostamento della manifattura dei componenti a maggiore intensità energetica – cioè che richiedono più energia per venire prodotti, come i principi attivi farmaceutici (API) – verso l’Asia, dove i costi sono inferiori: in India e in Cina, più nello specifico.
Questo processo di rilocalizzazione potrebbe crescere per via della crisi dei prezzi energetici aggravata dalla guerra in Ucraina. Il rischio, secondo Teva, è “degradare definitivamente il settore farmaceutico del continente per alcuni medicinali critici”.
È in Asia, ancora, che di norma le società farmaceutiche si riforniscono di paracetamolo (il principio attivo contenuto nella Tachipirina): l’ultimo stabilimento europeo che lo produceva ha chiuso nel 2008.
Nel periodo più critico della pandemia di coronavirus l’Europa ha avuto difficoltà ad approvvigionarsi di paracetamolo, non disponendo “della leva e della capacità logistica per aumentarne la produzione in poco tempo”. E quando l’India, un grande produttore di paracetamolo, ha momentaneamente sospeso le esportazioni del principio attivo per concentrarsi sul soddisfacimento della domanda interna, l’Europa rimase sprovvista di fornitori.
Ma qual è il prezzo giusto?
Giovanna Scroccaro, presidente del Comitato prezzi e rimborso (CPR) di Aifa. riferisce Quatidianosanità, nel suo intervento al Congresso Sifo, afferma che “le aziende farmaceutiche arrivano alla ‘trattativa‘ con dei prezzi che il CPR considera quasi sempre troppo elevati e solo in fase di negoziazione le aziende accettano, almeno in parte, gli sconti proposti dal CPR. Dobbiamo capire, allora, quali sono le motivazioni che supportano le richieste di prezzo dei farmaci avanzate dall’industria e affinare i metodi per definire il prezzo giusto di un farmaco”.
Le industrie sostengono che i prezzi dei farmaci e dei dispositivi medici sono “giustificati” alla luce della spesa sostenuta per il loro sviluppo, “ma anche del fatto – ha proseguito – che questi farmaci e dispositivi medici, seppure costosi, potranno comunque produrre dei risparmi sul sistema salute
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