Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio Il congedo di maternità inizia due mesi prima della data presunta del parto. Dopo il parto il congedo dura tre mesi (più i giorni non goduti, se il parto è anticipato). Durante i periodi di congedo di maternità (o
paternità) la lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo.
Con il Jobs Act le lavoratrici madri, potranno, seppur per un periodo limitato, richiedere al datore di lavoro la trasformazione del contratto da full time a part time. Il datore di lavoro sarà obbligato a dar corso alla predetta trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta. Il genitore può richiedere, una sola volta, in luogo del congedo parentale previsto dal d.lgs. 151/2001, la trasformazione del rapporto a tempo parziale per un periodo corrispondente a quello dell’aspettativa spettante, con un limite di riduzione dell’orario del 50%.
L’aspettativa può essere per motivi personali non retribuita per il lavoratore dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato può avere una durata massima di dodici mesi, può essere fruita anche in modo frazionato, può essere concessa dal datore di lavoro compatibilmente con le esigenze organizzative e di servizio.
Il congedo parentale (ex facoltativo) spetta per ogni bambino/a, ad entrambi i genitori, anche congiuntamente: fino al compimento di 8 anni di età del bambino e per un periodo complessivo, tra i due genitori, non superiore a 10 mesi (elevabili a 11 mesi qualora il padre fruisca di almeno 3 mesi di congedo).
Alla madre compete, trascorso il periodo di congedo obbligatorio di maternità, un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi.
La frazionabilità del periodo di congedo parentale avviene, con il dovuto preavviso, per libera scelta del lavoratore/trice, ma tra un periodo di congedo e l’altro, anche di un solo giorno, ci deve essere effettiva ripresa dell’attività lavorativa. Fermo restando l’eventuale diritto al congedo per malattia del bambino, la madre che ha già utilizzato i 6 mesi di astensione facoltativa, non ha diritto a ulteriori mesi di congedo parentale, a meno che nel frattempo non diventi “genitore solo” ai sensi di legge, nel qual caso ha diritto a integrare l’assenza fino a 10 mesi (ha quindi diritto a ulteriori 4 mesi).
Per congedo parentale si intende la possibilità da parte di entrambi i genitori di astenersi dal lavoro, contemporaneamente, entro i primi 8 anni di vita del bambino.
Al termine del congedo parentale, prima di rientrare al lavoro, il genitore può usufruire di un periodo di ferie.
Al di fuori dei diritti derivanti dalla gravidanza e puerperio, l’orario di lavoro indicato in contratto può essere modificato solo tramite le cosiddette “clausole elastiche”, che consentono di variare sia la collocazione temporale dell’orario di lavoro, sia di aumentare la durata della prestazione lavorativa, attraverso – ove non regolamentate dalla contrattazione collettiva – un accordo scritto tra le parti (da stipularsi avanti alla commissione di certificazione con facoltà per il lavoratore di farsi assistere da un rappresentante sindacale o da un avvocato o da un consulente del lavoro) contenente le condizioni e le modalità per l’applicazione delle clausole elastiche. Una volta firmato questo accordo, il lavoratore può revocare il consenso solo se studente oppure affetto da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative, se assiste persone con le predette patologie o se convive con figli di età non superiore a tredici anni o con figli con disabilità gravi.
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