Cristina Casadei
MILAN
«Finalmente ci si accorge che non esiste soltanto l’Alitalia». Per il segretario nazionale responsabile del settore chimico farmaceutico della Filcem-Cgil, Salvatore Corveddu, i posti a rischio nell’industria farmaceutica non sono più un tema che «sindacati e Farmindustria possono discutere da soli. Si parla di quasi 5mila esuberi, concentrati soprattutto tra gli informatori scientifici del farmaco. Il numero richiede l’intervento del ministero delle Attività produttive che abbiamo già interpellato la scorsa primavera e da cui aspettiamo una risposta».
Ieri, mentre alla X-Pharma i 376 informatori scientifici protestavano contro la decisione dell’azienda di interrompere il servizio di informazione scientifica sui farmaci e porre in cassa integrazione i lavoratori, a Milano c’è stato un incontro tra le imprese e i sindacati. Le parti hanno stabilito di rivedersi presto per fare ulteriori approfondimenti e vagliare le possibili soluzioni di un quadro che questa volta appare molto complesso. Non si tratta, infatti, di aprire uno dei tanti tavoli, ma di avere uno spazio dove sarà possibile tratteggiare un assetto dell’intervento pubblico in grado di esaminare vincoli di spesa e incentivi. Ma anche, non meno rilevante, libere dinamiche derivanti dalla concorrenza rispetto all’esperienza degli ultimi mesi in cui «sono emerse resistenze che sono il retaggio di vecchi assetti protezionistici e incrostazioni corporative che non hanno favorito nè il miglioramento della distribuzione nè l’innovazione dei farmaci», spiega Corveddu.
È un allarme lanciato da tempo quello dell’industria farmaceutica, alla ricerca di una nuova strategia dopo che diversi fattori, dall’inflazione ai farmaci generici, hanno cominciato a minarne la solidità. All’inizio del 2007 tra gli addetti ai lavori circolava un’indiscrezione secondo cui ci sarebbero stati 10mila esuberi. Oggi quell’indiscrezione sembra diventata una realtà riguardante soprattutto gli informatori. Nel 2007 erano 32mila, oggi sono 27mila. In un anno e mezzo è stata dunque risolta la prima partita, riguardante quasi 5mila esuberi, «facendo ricorso a diversi provvedimenti, dalla mobilità lunga fino al prepensionamento, agli esodi incentivati, alle dimissioni volontarie», dice Corveddu. Due giorni fa il presidente di Farmindustria, Sergio Dompè, ha confermato che ci sono altri 5mila posti a rischio.
Ad essere interessata è ancora una volta la stessa categoria, quella degli informatori scientifici. La farmaceutica, infatti, è un settore che non è in crisi dal punto di vista produttivo. Siamo il sesto mercato mondiale per il consumo di farmaci; dal 2006 ad oggi è cresciuto il numero degli occupati nella ricerca (+2%) e nella produzione (+1%), ma c’è stata una riduzione sostanziale degli informatori (-9%) che ha comportato un calo complessivo sugli occupati del 3,6 per cento.
«La spinta molto forte delle aziende nella competizione, soprattutto sulla parte commerciale, per fare aumentare le vendite, in passato ha portato all’assunzione di un numero di informatori scientifici che oggi le imprese non sono più in grado di sostenere», spiega Corveddu. La dimensione del problema, essendo diverse migliaia le persone interessate, chiede però un intervento ai massimi livelli istituzionali «perché la situazione non si risolva in un bagno di sangue e si individui una strategia comune», aggiunge Corveddu. Anche per questo i sindacati Filcem, Femca e Uilcem, hanno deciso di costituire un unico fronte dando vita a un coordinamento nazionale per ridare sistematicità al confronto con Farmindustria e per avanzare la richiesta di un tavolo con il ministero dello Sviluppo economico.
Il Sole 24 Ore del 09/09/2008&nbs
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