Conflitto di interesse tra oncologi e Big pharma, una ricerca sul British medical journal
Dalla survey di Cipomo dal titolo “Gli oncologi italiani e il conflitto di interesse” emerge che il 62% dei medici ha dichiarato pagamenti diretti da parte dell’industria farmaceutica negli ultimi tre anni e l’82% riferisce che la maggior parte della propria educazione oncologica è supportata dall’industria
The British medical journal ha pubblicato i risultati di una ricerca sul conflitto di interesse tra oncologi e Big pharma. La survey è stata realizzata da Cipomo, il Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri). Obiettivo del lavoro, dal titolo “Gli oncologi Italiani e il conflitto di interesse” è stato quello di verificare l’opinione
dell’oncologo medico italiano in relazione alle possibili implicazioni derivanti dal Coi nell’ambito dell’educazione medica, dell’assistenza e della ricerca scientifica. Soprattutto si è approfondita la relazione economica tra medici e industria farmaceutica.
The results
Per il sondaggio, condotto sotto forma anonima tra marzo e aprile 2017, hanno partecipato 321 oncologi in tutta Italia. Ossia il 13% dei medici oncologi di ruolo. Il 62% dei medici, per esempio, ha dichiarato pagamenti diretti da parte dell’industria farmaceutica negli ultimi tre anni. Non solo. Il 68% pensa che la maggioranza degli oncologi italiani abbia un Coi con l’industria e l’82% riferisce che la maggior parte della propria educazione oncologica sia supportata dall’industria.
L’influenza dell’industria farmaceutica
Da questa survey emerge quindi un’urgenza reale. Tra gli oncologi italiani il Coi è percepito come un problema importante. Può influenzare costi, educazione, qualità dell’assistenza e della scienza. Cipomo ha deciso di prendere posizione, stilando in un documento ufficiale delle raccomandazioni che abbiano l’obiettivo di dirigere il mondo dell’oncologia verso i principi di trasparenza e correttezza.
Il position paper di Cipomo
Le raccomandazioni (che si possono leggere here) comprendono in primis la sfera del processo di ricerca, da tutelare dall’influenza degli interessi commerciali. Più in generale, il valore dell’interazione tra l’industria e i clinici deve essere basato sulla trasmissione di informazioni utili a migliorare la qualità delle cure. E non all’induzione alla prescrizione. Viene in seguito trattato anche il tema della formazione che, secondo il position paper di Cipomo, non deve rappresentare uno strumento di marketing. Anzi. Deve avere l’obiettivo esplicito di migliorare la qualità delle scelte cliniche.
Le società scientifiche
Il documento prosegue incentrandosi sul rapporto tra le società scientifiche e le influenze esterne dell’industria. In questo caso il rischio da evitare è che il sostegno economico si trasformi in una forma di promozione. Molta rilevanza viene data al concetto di trasparenza, atta a fornire al cittadino gli strumenti per valutare i servizi offerti.
Infine, un ulteriore aspetto da tenere a mente è il costo dei farmaci oncologici, che sta aumentando vertiginosamente, molto più del valore dei risultati ottenibili. Parte di questi costi deriva dalla ricerca. Tuttavia l’industria farmaceutica spende ancora di più per promuovere i propri prodotti. “Il documento non vuole essere una denuncia ma un invito alla consapevolezza. Il confine tra “informazione scientifica” rispetto alla “pubblicità” è molto sottile. L’industria farmaceutica , spiega il presidente di Cipomo Mario Clerico – sponsorizza i congressi medici e contribuisce a gran parte della loro formazione. Per questo, i clinici devono porre particolare attenzione quando scelgono fra diverse possibilità di trattamento. La scelta deve essere basata sui valori e sulle evidenze, non sulle convenienze”.
Notizie correlate: D.Lgs. 219/06 – Article 124 – Article 123