Dopo l’approvazione al Senato del ddl S471, il testo è ora alla Camera come C2281 ed ha iniziato il proprio iter con i primi passaggi in Commissione Giustizia il 18 novembre 2014. Il testo è il medesimo uscito dal Senato e le osservazioni da me fatte nel precedente articolo sono pertanto confermate.
La norma proposta interviene sull’art. 123 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie che così attualmente recita al 1° comma, lettera c): “Il titolare deve inoltre curare che i medicinali, dei quali la farmacia è provvista, non siano né guasti né imperfetti. In caso di trasgressione a tale obbligo si applicano le pene stabilite dall’articolo 443 del codice penale”. Con la proposta di legge si vuole invece limitare l’applicazione della norma penale (art. 443 e 452 del codice penale), sostituendola con la sanzione amministrativa da 500 a 1500 euro ai soli casi in cui “risulta che per la modesta quantità di farmaci, le modalità di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio”.
Lodevole il principio di depenalizzare buona parte delle situazioni che molto spesso conducono in tribunale i titolari o i direttori di farmacia, ma la formulazione appare talmente generica e soggetta alla discrezionalità degli organi di vigilanza da suggerirne una riformulazione in fase di discussione alla Camera.
Non vorrei che la discrezionalità conferita ad Asl e Nas portasse a situazioni di parzialità tali da far venire meno il senso stesso di giustizia. Leggendo attentamente la norma, come si potrebbe escludere l’applicazione della sanzione penale, previa denuncia all’Autorità Giudiziaria, per un’aspirina scaduta trovata proprio nel cassetto del banco in una piccola farmacia? Chi potrebbe escludere che i medicinali scaduti presenti nel cassetto del banco non siano destinati al commercio? Una norma senz’altro da riformulare.
Quanto al caso riportato da Farmacista33 vi è ben poco da dire. La legge è quella del codice penale del 1930, scritto in un’epoca in cui di medicinali industriali praticamente non ce n’erano perché pensata su di una farmacia degli anni ’20. Inoltre – è bene notarlo – la scadenza fu resa obbligatoria con una disposizione ministeriale del 1983.
La sanzione applicata al caso di specie di mesi tre e giorni dieci di reclusione si basa sulla convinzione della natura colposa del delitto e quindi partendo da una pena da sei mesi a tre anni di reclusione (art. 443 c.p.) è stata ridotta a quella comminata, dopo ricorso in Appello ed alla Cassazione che lo respingeva, in base all’art. 452 c.p. proprio per avere escluso l’intenzione di vendere i medicinali scaduti, ascrivendo alla negligenza il comportamento del farmacista.
Il legislatore però, nel discutere il testo del ddl dovrà considerare l’esistenza anche delle “parafarmacie” estendendo a queste la depenalizzazione e, soprattutto, rivalutando i margini di discrezionalità contenuti nel testo licenziato dal Senato.
Prof. Maurice Cini
Presidente Associazione scientifica farmacisti italiani
Venerdì, 13 Febbraio 2015 – Farmacista33
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Ed.: il decreto è stato ritirato in seguito alle polemiche di depenalizzare i reati fiscali fino al 3%