Bonus 200 euro partita IVA: chi è ammesso e chi resta escluso
Investire Oggi – 25 maggio 2022
Il punto apre la questione per molti contribuenti. Tra loro gli agenti e rappresentanti di commercio. Questi rientrano tra i lavoratori autonomi o tra i titolari di redditi d’impresa?
Per rispondere al caso, è necessario richiamare chi sono i soggetti ammessi al bonus 200 euro. Leggendo gli art. 31, 32 e 33 del decreto Aiuti (decreto – legge n. 50 del 2021), il sussidio spetta a:
- lavoratori dipendenti (il bonus 200 euro busta paga è erogato direttamente dal datore di lavoro)
- pensionati (con decorrenza pensione entro il 30 giugno 2022)
- lavoratori autonomi (con e senza partita IVA)
- disoccupati, percettori di NASPI e Dis-Coll
- percettori reddito di cittadinanza
- titolari di rapporti collaborazione coordinata continuativa
- colf e badanti
- lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti
- lavoratori dello spettacolo
- incaricati alle vendite a domicilio.
Bonus 200 euro partite IVA (e non)
Tra i beneficiari del bonus 200 euro, dunque, rientrano anche i lavoratori autonomi senza partita IVA. Si tratta dei c.d. lavoratori autonomi occasionali. Rientrano anche i lavoratori autonomi And liberi professionisti dotati di partita IVA. Per queste categorie, un decreto attuativo dovrà definire tempi e modalità di domanda/erogazione.
In merito aThe agenti And rappresentanti di commercio, ai fini fiscali essi sono considerati produttori di reddito d’impresa e non di lavoro autonomo.
Si spera che con il provvedimento attuativo o in fase di conversione in legge del decreto Aiuti, il legislatore inserisca tra i beneficiari del bonus 200 euro anche tutti coloro che hanno reddito d’impresa. La finalità del sussidio è quella di dare sostegno contro il caro prezzi. E del caro prezzi ne risentono tutti, anche chi è agente di commercio o chi ha il negozio di abbigliamento.
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Come complicare le cose semplici
Per identificare i dipendenti beneficiari dell’aiuto, il legislatore ha scelto una modalità singolare. Infatti, invece
Peraltro, essersi agganciati alla normativa che regolamenta la riduzione dell’IVS – Invalidità, Vecchiaia e Superstiti – (0,80%) pone un problema non di poco conto. Infatti l’esonero contributivo spetta se la retribuzione imponibile previdenziale nel mese non supera i 2.692 euro (tranne a dicembre, mese in cui il limite è raddoppiato). Quindi: ci saranno dei lavoratori che, pur avendo un reddito lordo annuo inferiore a 35mila euro, non avranno l’indennità una tantum versata sullo stipendio di luglio.
Se per dipendenti e pensionati il limite di reddito per l’accesso è fissato a 35mila euro, non è indicato per i lavoratori autonomi.
Per questi soggetti l’articolo del decreto non indica neppure l’importo del bonus . Viene istituito un Fondo di 500 milioni di euro che dovrà anche essere ripartito tra INPS e Casse private. Visto l’importo stanziato è probabile che o l’importo dell’indennità o la soglia di reddito di accesso saranno più basse rispetto a quello per i dipendenti, pensionati e disoccupati.
La soglia sarà definita con precisione da un decreto attuativo del ministero dell’Economia da emanare entro 30 giorni da oggi.
Cosa dice la legge del 17 maggio 2022 n. 50
Note: Agente di Commercio e Lavoratore Autonomo
Un agente di commercio è un imprenditore e come tale deve iscriversi nel Registro delle imprese e avere un numero REA relativo alla Camera di Commercio di appartenenza. Il reddito prodotto da agenti e rappresentanti è classificato quale reddito d’impresa e le relative provvigioni, ai sensi dell’articolo 25-bis D.P.R. 600/1973, sono soggette a ritenuta a titolo di acconto Irpef/Ires. Ai fini delle Imposte dirette la definizione del reddito di impresa si trova all’art. 55 del TUIR 917/1986.
La differenza fra agente di commercio e lavoratore autonomo non è solo “filosofica”, ma ha anche delle conseguenze di natura legale (e fiscale).Il 14 giugno 2017 è entrata in vigore la legge n. 81 del 22 maggio 2017, altrimenti nota come Jobs Act “Autonomi”, perchè il Capo I della legge è dedicato alle “nuove” tutele
I “piccoli imprenditori” in sostanza, pur avendo partita IVA e lavorando “autonomamente”, svolgono un’attività “commerciale” o per meglio dire “di impresa” e non meramente d’opera o intellettuale.
Detta così la distinzione non è certo agevole, ma c’è un modo semplice per arrivarci: basta verificare se quella “partita IVA” è anche iscritta alla Camera di Commercio. Se lo è, si tratta di una “ditta individuale”, cioè di un imprenditore a tutti gli effetti (piccolo o meno a questo punto non ha importanza).
Egli è quindi una ditta individuale ed in quanto tale un (piccolo) imprenditore.
Dal punto di vista fiscale, il suo reddito ordinario è un reddito “di impresa” (e non di “lavoro autonomo”), che va dichiarato “per competenza” (e non “per cassa”, sebbene la prassi per lo più invalsa sia quella comunque di dichiarare le provvigioni effettivamente incassate e non solo potenzialmente maturate), salvo solo per le indennità di fine rapporto dove invece il trattamento è quello tipico del lavoratore autonomo (possibilità di tassazione separata e ritenuta d’acconto 20% al pagamento).
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