Gli interessi economici tendono a orientare sempre più la politica e la vita sociale. Il campo medico, quello della assistenza e della ricerca non si sottraggono a questa regola portando ad uno sbilanciamento nella allocazione delle risorse e nella scelta delle priorità. Su questo tema l’attenzione in Italia è ancora poca e il dibattito è ancora aperto.
Durante un incontro organizzato dal AREAS-CCI (Associazione per le ricerca sull’efficacia dell’assistenza sanitaria – Centro Cochrane italiano), l’economista sanitario inglese Alan Maynard ha affermat “L’esistenza della corruzione, e quindi del conflitto di interessi, in campo medico non deve sorprendere. E’ noto e dimostrato che l’industria farmaceutica dedica uno sforzo considerevole alla ‘(pseudo)-informazione’ dei medici. Sono loro, infatti, che prescrivono i farmaci ai pazienti e sono quindi loro che, con il loro comportamento, contribuiscono a indurre un consumo spesso inappropriato…”.
“La corruzione – ha proseguito Maynard – riguarda peraltro anche gli economisti sanitari. Sono loro, ha rincarato l’economista inglese, che esercitando una influenza crescente sugli orientamenti della ricerca finiscono per determinare su quali prodotti si orienterà il marketing e la ricerca e quali saranno i farmaci che verranno rimborsati dai sistemi sanitari”.
Non solo il mondo medico e scientifico è toccato dai conflitti di interesse: anche le associazioni di pazienti possono avere interessi, come la tutela della salute e la ricerca di aiuti (finanziari e non) per le proprie iniziative, che entrano in conflitto tra di loro. Da un lato il ruolo di ‘cinghia’ con i pazienti e anche, per alcune, il peso politico e pubblico, dall’altro il bisogno di finanziamenti, rendono le associazioni un interlocutore ideale sia per le industrie farmaceutiche sia per i responsabili della politica sanitaria a livello locale e nazionale.
Le industrie, non potendo (in Europa) fare promozione e pubblicità diretta al pubblico (di prodotti farmaceutici che necessitano di prescrizione medica) tentano di proporre farmaci, procedure diagnostiche, interventi di screening seguendo altre vie, per esempio cercando collaborazioni con associazioni di pazienti, oppure organizzando corsi di informazione o formazione per pazienti o cittadini, o ancora spingendo la formazione di gruppi di pazienti o promovendo campagne di informazione su specifiche condizioni I soggetti che si occupano di politica sanitaria invece possono cercare di coinvolgere le associazioni per sviluppare sul territorio gli interventi sanitari e le politiche decise.
La consapevolezza della propria posizione strategica deve quindi alzare la soglia di attenzione delle associazioni che, pur non rinunciando agli aiuti di diversi soggetti, devono mantenere la propria autonomia e indipendenza, e trasparenza nei rapporti.
Recentemente, la rivista inglese British Medical Journal ha pubblicato un intero supplemento sulla questione del conflitto di interessi (BMJ 2003;326:1208-10; BMJ 2003;327:344). Tra le esperienze delle associazioni è descritta quella della Long term medical conditions alliance (LMCA), organizzazione inglese che raccoglie più di 100 gruppi rappresentanti di diverse malattie, che mette a disposizione delle associazioni di volontariato linee guida sulle relazioni con le industrie farmaceutiche (nel riquadro è disponibile un riassunto), la cui collaborazione è considerata preziosa ma da regolamentare.
In Italia alcune associazioni hanno redatto documenti che disciplinano i propri rapporti con gli sponsor, ma molte non hanno una politica precisa e definita al riguardo, come risulta da una indagine su 100 associazioni che si occupano di tumore del seno (BMJ 2003;327:344).
“La società intera dovrebbe impegnarsi di più perché venga ascoltata la voce dei pazienti” sostiene Andrew Herxheimer del centro Cochrane ingles