Le Farmacie italiane, riunite ieri a Roma in Assemblea per discutere i contenuti della manovra del Governo, hanno approvato la posizione da adottare nei confronti della manovra di Governo. Confermano la disponibilità a dare il loro contributo per "salvare l’Italia", ma solo «nel rispetto della professione e del ruolo di presidio sanitario della farmacia, rifiutando ogni ipotesi di distribuzione dei farmaci con ricetta al di fuori della farmacia». Le misure riguardanti il servizio farmaceutico contenute nella manovra «sono penalizzanti – si legge in un comunicato di Federfarma – recessive e inique, tutto il contrario rispetto ai principi enunciati all’opinione pubblica dal presidente del Consiglio Monti. Sono penalizzanti perché, con la vendita di medicinali con ricetta medica in ogni luogo, verrebbe smembrata l’attività delle farmacie e snaturato il loro ruolo di presidio sanitario, universalmente riconosciuto e apprezzato. Sono recessive perché costituiscono semplicemente un travaso di fatturato da alcuni operatori ad altri, con la certa creazione di condizione di precarietà sia per le farmacie che per le parafarmacie». Ma, aggiunge il comunicato, «sono inique perché avvantaggeranno di fatto un unico soggetto, la Grande distribuzione organizzata, che con la sua capacità attrattiva realizzerà l’obiettivo di destabilizzare la rete delle farmacie dopo aver distrutto quella degli esercizi commerciali di vicinato. Federfarma – conclude – propone invece che vengano aperte più farmacie in tempi brevissimi, creando così un vero sviluppo, nuovi posto di lavoro e un reale miglioramento del servizio sul territorio a tutela della salute del cittadino.
Le farmacie ribadiscono il proprio no all’uscita della ricetta medica dalla farmacia». E sulla liberalizzazione delle farmacie 73 parlamentari, in gran parte del Pdl, ma anche di Terzo Polo e Io Sud hanno avanzato in una lettera aperta indirizzata al presidente del Consiglio, Mario Monti, in cui chiedono di ripensare alla misura. «Questo è il momento della responsabilitá e quindi, per il bene del Paese, faremo la nostra parte. Ma è necessario che i forti sacrifici richiesti vengano distribuiti secondo criteri di equitá sociale, che siano sostenibili e che abbiano una ricaduta positiva per l’economia e l’occupazione, in particolare dei giovani. Non pare che queste condizioni siano rintracciabili nelle misure relative alla liberalizzazione della vendita dei farmaci», si legge nella lettera. «Ci aspettavamo ben altro tipo di liberalizzazioni: quelle che servono davvero al Paese. Portare la ricetta medica fuori dalla farmacia, così come stabilito nel Decreto ‘salva Italiá rappresenta un segno gravissimo di irragionevolezza che sembra rispondere più a logiche mercatiste e ad interessi particolari che all’effettivo bene della collettivitá. Nella competizione tra tutela della salute e derive mercatistiche, insomma, pare che oggi stia vincendo la lobby del carrello. Presidente Monti, la preghiamo di ripensare il provvedimento. Senza protezionismi e senza premure per nessuno: nè per chi pensa di vivere di conserva e di riserva, nè per chi è spinto da irricevibili smanie di profitto». Primo firmatario dell’appello il senatore Luigi d’Ambrosio Lettieri che, in qualitá di segretario della Commissione Sanitá del Senato, stava lavorando, insieme alle forze politiche di maggioranza e opposizione, ad un provvedimento di riordino del sistema. Punti salienti, ricorda d’Ambrosio Lettieri «più farmacie e con maggiore capillaritá, maggiore occupazione con dotazione p
Le farmacie ribadiscono il proprio no all’uscita della ricetta medica dalla farmacia». E sulla liberalizzazione delle farmacie 73 parlamentari, in gran parte del Pdl, ma anche di Terzo Polo e Io Sud hanno avanzato in una lettera aperta indirizzata al presidente del Consiglio, Mario Monti, in cui chiedono di ripensare alla misura. «Questo è il momento della responsabilitá e quindi, per il bene del Paese, faremo la nostra parte. Ma è necessario che i forti sacrifici richiesti vengano distribuiti secondo criteri di equitá sociale, che siano sostenibili e che abbiano una ricaduta positiva per l’economia e l’occupazione, in particolare dei giovani. Non pare che queste condizioni siano rintracciabili nelle misure relative alla liberalizzazione della vendita dei farmaci», si legge nella lettera. «Ci aspettavamo ben altro tipo di liberalizzazioni: quelle che servono davvero al Paese. Portare la ricetta medica fuori dalla farmacia, così come stabilito nel Decreto ‘salva Italiá rappresenta un segno gravissimo di irragionevolezza che sembra rispondere più a logiche mercatiste e ad interessi particolari che all’effettivo bene della collettivitá. Nella competizione tra tutela della salute e derive mercatistiche, insomma, pare che oggi stia vincendo la lobby del carrello. Presidente Monti, la preghiamo di ripensare il provvedimento. Senza protezionismi e senza premure per nessuno: nè per chi pensa di vivere di conserva e di riserva, nè per chi è spinto da irricevibili smanie di profitto». Primo firmatario dell’appello il senatore Luigi d’Ambrosio Lettieri che, in qualitá di segretario della Commissione Sanitá del Senato, stava lavorando, insieme alle forze politiche di maggioranza e opposizione, ad un provvedimento di riordino del sistema. Punti salienti, ricorda d’Ambrosio Lettieri «più farmacie e con maggiore capillaritá, maggiore occupazione con dotazione p