Nel nostro Paesi i farmaci veterinari hanno costi esorbitanti, superiori anche di 10 volte rispetto a quelli umani, anche se di fatto “sono uguali”
Edited by Monia Sangermano –
In Italia, afferma Codici, ci troviamo di fronte a una vera e propria distorsione del mercato dei farmaci veterinari. “I costi delle cure per gli animali non sono più accettabili e pongono l’obbligo per le autorità nazionali di garantire la tutela della Salute degli animali, anche per prevenire eventuali trasmissioni di malattie agli umani. E’ al vaglio della Commissione europea – continua l’associazione – il nuovo Regolamento europeo dei farmaci veterinari, che consentirà, molto probabilmente, l’uso in deroga dei farmaci veterinari non più a ‘cascata’, ma a ‘ventaglio’, dando piena possibilità di scelta al veterinario di una qualsiasi altra opzione terapeutica disponibile, in caso di mancanza di farmaco veterinario“.
“A nostro avviso – afferma il Codici – il nuovo Regolamento europeo dei farmaci veterinari regolamenta in modo più soddisfacente per i consumatori la commercializzazione dei farmaci generici veterinari. Prevedendo l’identificazione del farmaco con il nome del principio attivo e non più gli attuali nomi commerciali e sarà imposta la dicitura ‘medicinale generico’, per una più facile e immediata identificazione da parte dei consumatori“. Migliaia di consumatori, continua il Codici, hanno sottoscritto petizioni promosse da alcune associazioni animaliste, per denunciare l’incredibile distorsione del mercato del farmaco veterinario, “che genera costi di cura non più accettabili e per scuotere il ministero della Salute dal suo disinteresse al problema“.
“I prezzi sono determinati dalle dinamiche del mercato, in relazione a costi di produzione, autorizzazione all’immissione in commercio e rapporto domanda-offerta, caratterizzato da un mercato di dimensioni inferiori rispetto a quello dei medicinali umani e ripartito fra poche imprese, che sembra abbiano ogni interesse a tenere prezzi alti”. L’Associazione Codici sostiene fermamente la necessità di una contrattazione del prezzo che porti ad una politica su quest’ultimo equa e controllata. “Non è più accettabile che anche quando le molecole per uso veterinario seppur in tutto e per tutto uguali a quelle utilizzate per gli umani, arrivino a costare fino a 90/100 volte in più, come nel caso del ketoprefene“, si sottolinea.
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