We report the communicated di Altroconsumo
L’azienda farmaceutica Biogen è titolare dell’unica cura al momento disponibile in Italia contro l’atrofia muscolare spinale, una malattia rara e grave che colpisce soprattutto i bambini. Ma il prezzo, imposto approfittando della sua posizione dominante, è iniquo. Ecco la nostra denuncia all’Antitrust
Altroconsumo – 24 luglio 2019 – di Matteo Metta
Quanto costa un anno di cura?
Il problema non è nel farmaco. Perché, anche se non è una cura definitiva, Spinraza ha il potenziale per alterare il naturale decorso della malattia. Allo stato attuale, in mancanza di alternative terapeutiche, deve essere considerato un farmaco essenziale per i neonati e i bambini affetti da SMA. Il problema è il price, dal momento che tra costo effettivamente sostenuto per portare sul mercato il farmaco e prezzo richiesto agli Stati, c’è una sproporzione talmente eccessiva da risultare iniqua.
Il prezzo ufficiale per una fiala di Spinraza in Italy è stato fissato a 70.000 euro più Iva. Il prezzo cosiddetto “ex-factory” non è quello che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) paga effettivamente, ma la base da cui l’azienda farmaceutica in genere parte per la negoziazione. Il prezzo concordato è coperto da riservatezza. Tuttavia, sulla base di informazioni raccolte da più fonti, Other consumption può affermare che
Che affare per Biogen
Che il prezzo spuntato da Biogen sia ingiusto e ingiustificato lo si capisce ricostruendo i fatti precedenti all’arrivo di Spinraza sul mercato, ma soprattutto analizzando i bilanci delle aziende coinvolte nello sviluppo clinico e commerciale del farmaco. È ciò che fatto Altroconsumo.
Spinraza non è stato scoperto né sviluppato da Biogen. Il meccanismo d’azione, il target genetico e la sequenza della molecola sono stati messi a punto principalmente dall’Università del Massachusetts. Le sperimentazioni successive sono state portate avanti perlopiù dalla società farmaceutica Ionis, che però all’epoca si chiamava Isis, nome che per chiare ragioni è stata costretta a cambiare (anche se la sua ascendenza non aveva nulla di compromettente, perché si rifaceva all’omonima divinità egizia). Per sviluppare il farmaco, Isis-Ionis ha ottenuto in licenza anche alcuni patents da parte di altri soggetti, tra cui enti non profit che erano stati in buona parte finanziati dallo Stato federale americano o dall’associazione delle famiglie dei malati di SMA. Quando entra allora in scena Biogen? Solo in una fase più avanzata, nel gennaio del 2012, quando stringe un accordo di collaborazione con la società Ionis per portare avanti lo sviluppo clinico del farmaco (cioè la sperimentazione sull’uomo) corrispondendo a quest’ultima pagamenti, premi e royalties in caso di successo delle varie fasi, di sviluppo clinico, autorizzative o commerciali. Se non fosse chiaro, il succo è che Biogen ha sostenuto solo parzialmente i normali rischi della ricerca e sviluppo di un farmaco e di un suo eventuale esito infruttuoso, puntando su una molecola molto promettente, dopo anni di valutazioni finanziate con soldi perlopiù pubblici, per poi prendere in licenza la molecola solo quando la sperimentazione clinica è arrivata alle fasi finali per percorso di sviluppo. Quindi con la certezza di ottenere l’autorizzazione alla commercializzazione dalla Food and Drug Administration (FDA) e poi dall’Agenzia europea dei medicinali (EMA).
Le prove nei bilanci e la segnalazione all’Antitrust
Biogen ha dichiarato nei propri bilanci di avere “speso” per lo sviluppo e la commercializzazione di Spinraza una cifra pari a 648 milioni di dollari. Ionis ha dichiarato nel suo ultimo bilancio di avere ricevuto da
Altroconsumo pertanto chiede all’Autorità garante della competizione e del mercato (AGCM) di avviare un’istruttoria nei confronti di Biogen per accertare l’esistenza di un possibile abuso di posizione dominante, mediante l’imposizione all’Aifa e l’applicazione al National Health Service di un prezzo iniquo per l’acquisto di Spinraza. Un prezzo, lo ripetiamo, del tutto sproporzionato rispetto ai costi sostenuti per portare il farmaco sul mercato.
Sulla pelle dei malati
I prezzi dei farmaci innovativi – dalle nuove immunoterapie anticancro, ai nuovi antivirali contro l’hepatitis C fino ai più recenti farmaci per molte malattie rare – hanno ormai raggiunto livelli preoccupanti. Una seria minaccia alla sostenibilità dei servizi sanitari. Può sembrare un problema lontano, che non riguarda direttamente i cittadini, poiché si tratta di farmaci a carico dello Stato: questo deve e può trovare i soldi necessari a pagare le cure innovative. In realtà, le conseguenze ci sono, eccome: quando un farmaco è troppo caro, i cittadini sono costretti ad aspettare mesi prima di riceverlo, cioè il tempo necessario per lunghe trattative tra aziende e agenzia del farmaco. Mesi senza terapia, durante i quali la malattia non attende. Sta succedendo adesso con le terapie anticancro cosiddette Car-T. Oppure, come è successo ai malati di epatite C, vedersi negare il trattamento perché si è deciso di razionare il carissimo antivirale Sovaldi, dandolo prima ai pazienti più gravi. E chi non voleva peggiorare è stato costretto ad andare in India per curarsi. Inoltre, si possono creare lunghe liste d’attesa, come è successo ai malati di maculopatia quando dal più economico Avastin si dovette passare a usare il nuovo – e venti volte più costoso – Lucentis.
Altroconsumo già in passato ha denunciato all’Autorità garante della concorrenza e del mercato potenziali situazioni di abuso di posizione dominante o di intese illecite, dimostrando l’iniquità dei prezzi praticati. Un prezzo più giusto per i farmaci innovativi deve essere possibile. Other consumption contribuisce al miglioramento del sistema, come ha già fatto in passato per i casi Avastin-Lucentis And Aspen Pharma, casi ormai diventati mattoni fondamentali della dottrina antitrust in ambito farmaceutico. Come organizzazione di cittadini abbiamo il dovere di far emergere le scorrettezze, questo è lo scopo della nostra attività, che in questo caso ha ricevuto il supporto di Open Society Foundations.
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