Acquisti diretti, Gianfrate: eccessi deleteri, agevolano dumping
«Gare e acquisti centralizzati espongono sempre a un rischio: più allargati sono, maggiore è il potere che si regala al farmaco o all’azienda produttrice vincente». E’ la considerazione con cui Fabrizio Gianfrate, farmacoeconomista e docente di economia sanitaria, interviene nel dibattito generato dalla proposta che le Regioni hanno messo ufficialmente sul tappeto giovedì scorso, nell’ultima seduta del Tavolo Aifa sui costi della distribuzione diretta: il doppio canale non va limitato, era la tesi dei tecnici regionali, anzi andrebbe allargato consentendo ai servizi farmaceutici che lo vogliono di includere negli acquisti diretti anche farmaci della convenzionata, per massimizzare i consistenti ribassi che si ottengono in tale modalità. Una proposta che lascia Gianfrate parecchio perplesso.
Professore, qual è il suo parere: vedono giusto le Regioni o dicono bene Federfarma e Farmindustria a sostenere che questo tipo di acquisti non può diventare sistemico?
Cominciamo con una considerazione: più è estesa la centralizzazione, maggiori sono i rischi di innescare fenomeni di dumping che poi finiscono per ritorcersi contro Ssn e Regioni. Questo tipo di acquisti, infatti, invoglia le aziende a proporre il massimo ribasso al solo scopo di aggiudicarsi l’intera fornitura e buttare fuori i concorrenti. Raggiunta la meta, l’azienda può smettere di concedere sconti perché si è assicurata il monopolio del suo segmento di mercato. Non a caso, nella Legge di Bilancio si parla di gare per l’acquisto dei biosimilari dove a vincere devono essere non meno di tre prodotti. In tal modo, vengono scongiurate operazioni di dumping che rischierebbero soltanto di ritorcersi contro il Ssn.
Nella riunione all’Aifa, la delegazione delle Regioni ha portato il caso di un farmaco che in convenzionata costa 300 euro ma in distribuzione diretta viene comprato a tre euro.
Sì, sono cose che succedono. Le Regioni, d’altronde, quando incoraggiano le aziende a praticare forti ribassi non fanno altro che esercitare il loro ruolo di monopsonista: è come se dicessero ai produttori “noi siamo il vostro miglior cliente, che sconto ci offrite?”. Fanno leva su dinamiche di mercato, però dovrebbero sapere che oltre certe soglie le regole del gioco vanno in panne e il banco salta. Per esempio: le aziende concedono ribassi consistenti perché sanno poi di poter recuperare sulla distribuzione convenzionata grazie al cosiddetto “spillover”, alla tracimazione delle vendite nella convenzionata. Ma se gli acquisti diretti si mangiano tutto non c’è più convenienza e allora addio sconti. Sono cose che già stanno accadendo nel comparto dei genericisti, dove crescono le aziende che rinunciano a partecipare alle gare o non fanno ribassi.
Farmindustria punta il dito anche sulla doppia negoziazione: trattiamo già il prezzo con l’Aifa, dicono, perché una seconda trattativa con le singole Regioni?
E’ un vecchio problema, l’industria ha le sue ragioni ma è anche vero che non c’è nessuna legge che vieta questa doppia procedura. E poi stiamo parlando di fenomeni limitati principalmente ai senza brevetto, dove ci sono più produttori a competere sulla stessa molecola. Tra i branded è più difficile mettere in gara tra loro specialità diverse. E ci sono diverse sentenze di Tar che hanno escluso gare tra principi attivi differenti.
(AS – 15/03/2017 – Federfarma)
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