ABRUZZO. Nuove regole che dovrebbero agevolare gli utenti ma che potrebbero in realtà non portare alcun beneficio, anzi una spesa maggiore.
L’attuale normativa inerente la concessione di farmaci da parte del Sistema sanitario nazionale prevede la possibilità che il farmacista sostituisca il farmaco cosiddetto “griffato” con un altro definito “equivalente” o “generico”, che contenga un quantitativo pari o inferiore del 20-25% dello stesso principio attivo.
Di tale possibilità sta usufruendo gran parte dei cittadini, che decidono il prodotto meno costoso. La nuova normativa (legge sulla “spending review” N. 135-2012), che potrebbe diventare operativa, secondo il Sindacato Orsa Sanità, determinerà però «potenziali rischi medici e giuridici, difficilmente eliminabili».
A partire dal 2013 i medici dovranno, escluse alcune particolari condizioni e situazioni, indicare in ricetta non il nome commerciale del farmaco, bensì la denominazione chimica del principio attivo.
Questo, ricordando che il farmaco “generico” può anche contenere solo il 75% del principio attivo rispetto a quello “griffato”, «sarà causa di conflittualità tra medici e farmacisti», dicono dal sindacato.
«Infatti», fa notare l’Orsa, «se ad esempio il medico prescrive un farmaco alla dose di 1 grammo ed il farmacista ne consegna all’utente uno generico, con il dosaggio effettivo di 800 mg, si verificherà una incongrua spedizione di ricetta, tassativamente proibita e punita dalle norme vigenti».
Pertanto il farmacista che non vorrà contravvenire alla normativa vigente, consegnerà all’utente un prodotto “griffato”, obbligando di fatto il paziente ad un esborso economico pari alla differenza di costo dei due prodotti.
«Ne consegue», fa notare il sindacato, «che una legge concepita per economizzare, porterà di fatto a carico dell’utente un aggravio economico considerevole.
Ma secondo la sigla sindacale il legislatore avrebbe trascurato anche altri aspetti: «Il medico, conoscendo il paziente, e sue eventuali intolleranze, non nei confronti del principio attivo, bensì degli eccipienti, prescrive un farmaco tenendo conto di tali intolleranze, mentre il farmacista, ignaro di tutto ciò, potrebbe dare al paziente un prodotto non tollerato».
O ancora: «le grandi imprese farmaceutiche, non detentrici di brevetto, non avendo alcun interesse a propagandare, non più un farmaco ma un principio attivo condiviso con altre concorrenti, effettueranno una drastica riduzione dei loro informatori scientifici e, con la riduzione del volume d’affari, anche dei dipendenti delle linee di produzione. Il processo è di fatto già iniziato con la Menarini, che, per la prima volta nella sua storia, ha messo in mobilità 1.500 dipendenti a partire dal 2013».
L’Or.S.A. Sanità si chiede quindi quali siano le motivazioni che hanno portato all’approvazione di questa legge, «visto che non porta all’utenza alcun beneficio economico, determina potenziali rischi di carattere terapeutico, determina conflittualità tra med