Nell’aprile scorso la multinazionale farmaceutica Catalent aveva annunciato di non investire più 100 milioni di dollari nello stabilimento di Anagni, in provincia di Frosinone, dopo aver atteso, invano, da un anno circa una risposta dal Ministero dell’Ambiente che ne autorizzasse la fattibilità. La multinazionale, aveva dichiarato che investirà fino a 160 milioni di dollari nel Regno Unito dove collaborerà con l’Università di Oxford.
In seguito all’annuncio del ritiro dell’investimento di Catalent nello stabilimento di Anagni, la politica, a tutti i livelli, gran parte della stampa locale e nazionale, le categorie industriali e i sindacati ne hanno imputato la responsabilità esclusivamente alle lungaggini burocratiche dovute ai vincoli ambientali connessi al SIN Bacino del fiume Sacco. Da parte dei soggetti citati è giunta, quindi, la richiesta, unanime e pressante, di sospendere la sperimetrazione del SIN (Sito di Interesse Nazionale) con l’obiettivo di ridurne l’estensione per poter prospettare alle aziende l’ottenimento di autorizzazioni ambientali più rapide.
La Valle del Sacco è situata nel cuore del Lazio meridionale. Il SIN Bacino del Fiume Sacco, istituito nel 2016, ricomprende Comuni o parti di essi afferenti le Provincie di Roma e di Frosinone interessando una superficie complessiva pari a circa 7200 ettari.
L’area, riporta il Ministero della Transizione Ecologica, è stata oggetto di una contaminazione delle matrici ambientali (suolo/sottosuolo e acquee sotterranee) da diverse fonti di inquinamento, in particolare connesse alla presenza di attività industriali di diversa tipologia, sia in esercizio sia in disuso (es. settore chimico, aviazione, industria bellica, manifattura) dove i siti produttivi, in molti casi, confinano o sono nelle immediate vicinanze del fiume Sacco. Inoltre, nell’area è rilevante anche la presenza di manufatti in cemento amianto nonché di rifiuti abbandonati. Oggi sono presenti oltre 200 aziende produttive di cui un notevole numero di industrie rientravano nella cosiddetta Classe A delle fabbriche a rischio di incidente rilevante ai sensi della Direttiva Seveso (CEE 501/82). Sono altresì presenti estese aree agricole.
L’area, che è stata dichiarata in stato di emergenza, ha interessato il territorio dei comuni di Colleferro, Segni e Gavignano nella provincia di Roma, nonché il territorio dei comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino nella provincia di Frosinone. Nel novembre 2016 è stato approvato il perimetro definitivo del SIN. Inoltre con il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 370/STA del 4 agosto 2017 sono state approvate le Linee guida sulle procedure operative ed amministrative per la bonifica del Sito di Interesse Nazionale (SIN) Bacino del fiume Sacco
Tutta colpa del SIN quindi?
Frosinone todey pone seri dubbi e prospetta altre motivazioni. Secondo la stampa del Regno Unito, riferisce il quotidiano frusinate, già dall’autunno del 2021 professori e ricercatori dell’università di Oxford erano contrari all’intenzione del Governo Johnson di vendere al migliore acquirente il Vaccine Manufacturing & Innovation Centre (VMIC) nell’Oxfordshire. La struttura, costata 200 milioni di sterline, era stata realizzata, ma non ancora completata, utilizzando fondi governativi e fondi derivanti da donazioni pubbliche raccolte durante la pandemia. Il progetto originario prevedeva la nascita di un centro di ricerca senza scopo di lucro. Secondo gli oppositori, le finalità fondanti del progetto VMIC sarebbero state tradite dall’intenzione di cederlo ad un’azienda farmaceutica.
L’esecutivo guidato da Boris Johnson aveva tagliato corto alle critiche: “L’obiettivo primario del governo è garantire che il Regno Unito mantenga una forte capacità di produzione di vaccini nazionali”.
La ricerca di una multinazionale che si facesse carico di completarne la costruzione e portasse a termine il progetto era di primaria urgenza per Johnson e colleghi, se non l’unica via di uscita.
Il nuovo cda del VMIC si era insediato ad ottobre 2021 e a capo ci era finito Neil Jones, un manager di provata esperienza nel settore farmaceutico. Jones, tra gli altri incarichi, è stato anche direttore dello sviluppo aziendale in Europa di Catalent. E i giornali inglesi proprio a lui rimandano per l’avvio delle trattative con Catalent per l’acquisto del VMIC. Trattative che si sono concluse con l’acquisizione del sito di Oxford e la rinuncia dell’investimento nel sito di Anagni.
Catalent prevede di investire fino a 160 milioni di dollari (120 milioni di sterline) per completare la costruzione della struttura e dotarla di risorse all’avanguardia per lo sviluppo e la produzione di terapie biologiche e vaccini, tra cui quelli basati su mRNA, proteine e altre tecnologie avanzate. Si prevede che la nuova struttura impiegherà più di 400 persone e sosterrà organizzazioni pubbliche e private che cercano di sviluppare e produrre bioterapie.
È stata veramente la burocrazia connessa al SIN l’unica causa della rinuncia di Catalent? O forse esistono ragioni politiche-economico-finanziarie mosse da chi, magari, non ne conosce neppure l’esistenza?
Ciliegina sulla torta – conclude l’articolo -: l’autorizzazione ambientale incriminata, ritenuta funzionale all’investimento di Catalent nello stabilimento di Anagni, è giunta pochi giorni dopo l’annuncio del trasferimento.
Di veda: Plans to sell off UK vaccine development centre criticised by scientists
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