Ricercatori abruzzesi avrebbero individuato l’asse molecolare responsabile della “tempesta citochinica” nei soggetti più gravi affetti da Covid-19.
Alla ricerca hanno partecipato medici e ricercatori abruzzesi del Cast (Center for advanced studies and technology) dell’università degli studi “G. d’Annunzio” e delle Asl di Chieti e di Pescara.
All’elaborazione dello studio ha contribuito anche l’università di Verona. Lo studio è stato pubblicato su una delle prestigiose riviste del gruppo Nature, Cell Death & Differentiation, dal titolo “Fatal cytokine release syndrome by an aberrant Flip/Stat3 axis”.
La Tempesta Citochinica
La tempesta di citochine sembra svolgere un ruolo diretto nella determinazione della severità di SARS-CoV-2. Le citochine sono piccole glicoproteine prodotte dai vari tipi di celle in tutto l’organismo. Secondo il tipo, le citochine possono promuovere una vasta gamma di funzioni, alcune delle quali comprendono il controllo di attività di proliferazione delle cellule o di differenziazione come pure regolamentano le risposte immunitarie ed infiammatorie.
Alcune delle citochine più ampiamente studiate comprendono gli interferoni (IFNs), le interleuchine, le chemokines, i fattori stimolante le colonie (CSFs), il fattore di necrosi tumorale (TNF), ecc.. Indipendentemente dalla causa dell’infiammazione, il flusso sanguigno aumentato seguirà tipicamente i sintomi descritti dalla medicina classica: calore della parte infiammata, arrossamento, tumefazione, dolore, alterazione funzionale (calor, rubor, tumor, dolor, functio laesa) fino alla fase finale di extravasazione leucocitaria attraverso l’endotelio e chemiotassi per risposta dei leucociti presenti nello spazio interstiziale agli agenti chemiotattici, i quali li indirizzano verso la sede del danno
Sebbene questa risposta cellulare sia vantaggiosa per la difesa ospite contro le infezioni batteriche, si presentano spesso a scapito della funzione dell’organo locale.
Durante la tempesta di citochine, le varie citochine infiammatorie sono prodotte in una quantità molto più alta del normale. Questa sovrapproduzione di citochine induce un feedback positivo su altre celle immunitarie concentrandole nel sito della lesione, cosa che può causare danno dell’organo.
Una delle circostanze cliniche più notevoli che sono associate con le tempeste di citochina comprende la sindrome di emergenza respiratoria acuta (ARDS), che ha rappresentato un numero significativo delle morti da
SARS-CoV-2. Durante le infezioni di MERS-CoV e di SAR-CoV-2, ARDS è considerato come la conseguenza della tempesta citochinica. Per ARDS si intende la sindrome da distress respiratorio acuto che è un tipo di insufficienza respiratoria (polmonare) determinata da accumulo di liquido nei polmoni e della riduzione eccessiva di ossigeno nel sangue. In alcuni pazienti questi vortici molecolari possono scatenare una cascata della coagulazione che danneggia i polmoni e rende più faticosa la respirazione. Se non si riesce a fermare la tempesta, questa provocherà danni tessutali, collasso degli organi e, in ultima analisi, la morte.
Tempesta di citochine in COVID-19
Gli studi recenti sui pazienti infettati COVID-19 hanno indicato che queste persone mostrano alti livelli di citochine pro-infiammatorie, che includono IFN-g, IL-1B, IL-6 e IL-2 e chemokines.
I ricercatori abruzzesi hanno dimostrato che, in soggetti infettati da SARS-CoV-2, l’espressione aberrante della proteina FLIP (FLICE-inhibitory protein) nelle cellule mielodi, determina un’incontrollata produzione di citochine infiammatorie e attiva meccanismi immunosoppressivi che ostacolano e rendono vana la potenziale risposta antivirale.
Questo potente programma infiammatorio risulta dipendente dal fattore di trascrizione STAT3 , (Signal Transducers and Activators of Transcription) che oltre a causare un elevato rilascio di mediatori immuni, induce linfopenia, danno polmonare e disfunzioni multiorgano. STAT3 è il principale mediatore delle funzioni della famiglia di citochine correlate all’IL-6, ma la sua attivazione è causata da molte altre citochine e fattori di crescita tanto che, a differenza degli altri membri della famiglia STAT, l’inattivazione del suo gene porta a letalità embrionale precoce. In particolare, Stat3 si è rivelato avere importanti funzioni anti-infiammatorie nei monociti-macrofagi, in quanto media gli effetti anti-infiammatori dell’IL-10.
STAT3 è considerato un oncogene, essendo costitutivamente attivato in molti tumori primari e linee tumorali, dove la sua inattivazione conduce ad arresto della proliferazione delle cellule tumorali e a morte cellulare per apoptosi.
I dati ottenuti individuano nel fattore di trascrizione STAT3 un bersaglio chiave per il trattamento delle forme più gravi di COVID-19. Si è osservato infatti come l’intervento mirato su STAT3, sia in grado di mitigare i disturbi immunopatologici associati alla tempesta di citochine, tramite la diminuzione del rilascio di citochine pro-infiammatorie, che si accompagna alla normalizzazione delle popolazioni leucocitarie e a un miglioramento dei parametri patologici generali.
Lo studio è frutto della collaborazione tra ricercatori del Cast-Università d’Annunzio, coordinati dalla professoressa Manuela Iezzi ed i suoi collaboratori (dr.ssa Alessia Lamolinara e dott. Francesco Del Pizzo), con medici dell’Unità Operativa di Anatomia Patologica di Ortona-Chieti (Dr. Domenico Angelucci e Dr. Andrea Capece) e dell’Unità Operativa di Medicina Legale dell’ASL di Pescara (Dr. Ildo Polidoro e Dr.ssa Piera Amelia Iezzi).
Altri scienziati, coordinati dal professor Raffaele de Palma, docente presso il Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Genova e immunologo del nosocomio ligure, hanno scoperto che l’aumento dell’espressione della proteina Notch4 sulle cellule T regolatorie circolanti (Treg) – che hanno il ruolo di regolare la risposta immunitaria in caso di invasione di un patogeno – era associato alla gravità della COVID-19 e alla mortalità. Nei pazienti in via di guarigione l’espressione della Notch4 tendeva invece a diminuire. La proteina Notch4 ha la proprierà di inibire l’attività di una seconda proteina, chiamata Amfiregulina, che invece svolge un ruolo fondamentale nel bloccare l’infiammazione e favorire il riparo del tessuto dei polmoni. Il progesterone stimola la produzione di amfiregulina.
L’anticorpo per la proteina Notch4 è già stato prodotto per l’utilizzo sull’uomo e, in fase 1, ha già ottenuto risultati molto positivi.