Roma, 29 set. (AdnKronos Salute) – Stangata da 832mila euro dell’Antitrust alla Fnomceo, la Federazione nazionale dell’Ordine dei medici, per i divieti e paletti sulla pubblicità in materia sanitaria contenuti nel codice deontologico del 2006 e nelle Linee guida applicative, che secondo il Garante costiuiscono “illecite restrizioni della concorrenza”. L’Antitrust, in particolare, si è soffermata sul parametro del “decoro professionale”, che dovrebbe caratterizzare la pubblicità dell’informazione in materia sanitaria, e sul divieto di pubblicità promozionale.
L’istruttoria è partita l’anno scorso su segnalazione di singoli professionisti, studi odontoiatrici e di Groupon che hanno denunciato di essere stati soggetti a sanzioni disciplinari da parte di singoli Ordini dei medici e degli odontoiatri per aver violato le norme deontologiche facendosi pubblicità. Medici e odontoiatri, secondo l’Antitrust possono essere qualificati come vere e proprie “imprese” in quanto “prestano stabilmente a titolo oneroso e in forma indipendente i propri servizi professionali” e “svolgono attività economica”.
Non si è fatta attendere la risposta della Fnomceo, che non ci sta e promette di “difendere l’autonomia e l’indipendenza della deontologia medica”. E sottolinea che nel Codice non c’è ostilità alle forme pubblicitarie quanto piuttosto la volontà di contrastare i fenomeni di abuso e tutelare il diritto del cittadino ad una corretta informazione medica. Il Comitato centrale della Fnomceo, riunito a Piacenza, “nel prendere atto della misura adottata dall’Antitrust, ha deciso di resistere presso le sedi giurisdizionali previste dall’ordinamento”.
“In queste sedi – sottolinea la Federazione – riproporremo i profili giuridici delle questioni già rappresentate, che poco o nulla hanno rilevato nel procedimento istruttorio e nell’esile confronto delle parti che ha preceduto la sanzione, pressoché annunciata. Vogliamo sin da subito ribadire, nel pieno rispetto dei ruoli istituzionali di ognuno e di tutti, che mai abbiamo inteso emanare un Codice contra legem, ma neppure accetteremo che siano altri a scrivere il nostro Codice”.
Al di là dello stretto merito giuridico, “questa vicenda – spiega la Fnomceo – esalta una questione fondamentale: e cioè la libertà e l’indipendenza della deontologia professionale, che trova il suo caposaldo etico e civile nella tutela dei diritti dei cittadini (in questo caso la tutela della salute) definiti fondamentali dalla nostra Costituzione. E ciò in un contesto di diritto comunitario che non distingue, all’interno del mercato, le tipologie e le specificità dei diversi servizi. Crediamo invece che tale questione vada posta, non certo per difendere interessi corporativi, ma per meglio tutelare i diritti dei cittadini, soprattutto laddove insistono asimmetrie informative fondanti scelte consapevoli”.
La Federazione assicura di non essere “ostile alla pubblicità sanitaria e alle positive ricadute nel migliorare l’offerta di servizi e la libertà di scelta. Vogliamo però, nello spirito e nella lettera del nostro mandato istituzionale, contrastare fenomeni e abusi di un’attività informativa e comunicativa che, come scritto nel nostro Codice 2014, sia “accessibile, trasparente, rigorosa e prudente” (art. 55), “veritiera, obiettiva, pertinente e funzionale all’oggetto dell’informazione, mai equivoca, ingannevole e denigratoria” (Art. 56). Ed è per questo che “non sono consentite forme di pubblicità comparativa sulle prestazioni” (art. 56) né “forme di pubblicità promozionale finalizzate a consentire la commercializzazione di prodotti sanitari” (art. 57).