Il medico di base spesso è impotente di fronte a situazioni che non può gestire. Da un lato non può più prescrivere farmaci o esami perché definiti “prescrizione inappropriata” dal governo, ma dall’altra subisce la pressione degli assistiti. Che invece chiedono sempre più esami: arrivano con la lista pronta».
Boom di richieste visite in ospedale, intervista al presidente dell’Ordine «I pazienti vogliono tutto e subito, dottori di base limitati nelle prescrizioni»
di Donatella Zorzetto – la Provincia pavese – 12 gennaio 2017
PAVIA. I Pronto soccorso scoppiano, e medici di base dove sono? Cosa fanno i 390 “dottori di famiglia” che operano in provincia di Pavia insieme a una cinquantina di pediatri? Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, giusto l’altra sera, in tv, ha detto chiaro e tondo che «per evitare che gli ospedali siano presi d’assalto bisogna che i medici di base facciano da filtro, che poi è il loro ruolo». Un tema caldo, quello del flusso dei pazienti, aumentato a dismisura verso le strutture deputate all’emergenza, anche a causa dei tanti casi di influenza e della psicosi da meningite. Un mare di codici bianchi e verdi, i meno gravi in assoluto, che quotidianamente trasmigrano dagli ambulatori di paese alle corsie prese dalle urgenze. Ma il presidente dell’Ordine dei medici di Pavia, Giovanni Belloni, non si ferma a questa analisi. Butta benzina sul fuoco, quando dice: «Se i Pronto soccorso sono la prima linea, gli ambulatori dei medici di base sono il regno dell’impotenza».
Dottor Belloni, quanti sono i medici di base in provincia di Pavia?
«Sono 390, a cui va aggiunta una cinquantina di pediatri».
E quanti assistiti contano in media?
«Diciano da 800 a 1.500. L’assistenza viene calcolata in base alla graduatoria regionale e ai bacini d’utenza carenti. Ma ciò non modifica di molto la problematica attuale».
Si riferisce ai Pronto soccorso in questi giorni letteralmente presi d’assalto?
«Sì. Queste strutture devono far fronte ad un afflusso enorme, soprattutto nei mesi invernali e nei periodi festivi come quello da cui siamo appena usciti. Purtroppo la popolazione preferisce saltare la cosiddetta continuità assistenziale».
Cioè i medici di famiglia…
«Appunto. Il problema c’è da quindici anni. Ora però si sta consolidando».
La causa?
«È la voglia, da parte dei pazienti, di avere risposte immediate, nonchè la necessità di fare esami clinici importanti. La gente pensa che ogni sintomo sia sinonimo di urgenza: vuole tutto e subito. C’è poi anche la tendenza a non voler pagare».
Ma in ospedale c’è comunque un ticket da sborsare
«Solo per il codice bianco. Per il resto non si paga nulla».
Lei è stato responsabile del Pronto soccorso di Stradella dal 2009 al 2010. Bella esperienza?
«Non la farei più. Venivo chiamato per cercare di mediare. Fortunatamente c’è una percentuale di persone ragionevoli, ma il più delle volte bisognava fare i conti con intemperanti. Arrivavano senza richiesta precisa del medico, con autopresentazione riferivano di patologie che non avevano urgenza».
Il ministro Lorenzin sostiene che i medici di base non fanno da filtro come dovrebbero…
«Certo, questa è una loro funzione. Ma se la gente non si presenta nei loro ambulatori non la possono svolgere. E poi ora la maggioranza dei medici opera in associazione».
Cosa significa in pratica?
«Che più medici si mettono assieme: ognuno opera per il proprio ambulatorio, ma per le urgenze possono prendere in carico anche gli assistiti dei colleghi assenti. Sono collegati in rete, quindi ciascuno ha in mano le cartelle sanitarie di tutti i pazienti, potendo intervenire in caso di necessità».
Le forme associative dell’assistenza primaria quanto sono diffuse in provincia di Pavia?
«Esistono dal 2004, ma sul nostro territorio si stanno consolidando ora».
Soluzione che funziona?
«È la migliore strategia per poter affrontare determinate urgenze, garantendo una copertura ambulatoriale di 12 ore al giorno, cosa che nessuno può assicurare».
Perchè i medici di base non associati normalmente che orari fanno?
«Sono aperti i 5 giorni a settimana per un determinato numero di ore fissato dal loro regolamento».
Torniamo ai Pronto soccorso pieni di gente. Per caso c’entrano anche i vaccini?
Certo. Le persone devono essere educate a vaccinarsi. Così si evitano le emergenze. La metà di coloro che si presentano in ospedale non è vaccinato. E poi l’utenza è cambiata».
In what sense?
Se fare il medico di Pronto soccorso è più difficile in assoluto, il medico di base spesso è impotente di fronte a situazioni che non può gestire. Da un lato non può più prescrivere farmaci o esami perchè definiti “prescrizione inappropriata” dal governo, ma dall’altra subisce la pressione degli assistiti. Che invece chiedono sempre più esami: arrivano con la lista pronta».
I più gettonati?
«Esami del sangue, Tac e Risonanza magnetica, anche solo perchè si accusa po’ di dolore alla schiena; radiografie anche quando, ad esempio, si ha un’artrosi già diagnosticata al ginocchio. Che con il tempo non può certo guarire».