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Legislative Decree 231: Pharmaceuticals and crimes against the public administration, the focus is on prevention

Il settore farmaceutico è «per sua natura esposto a rischi di corruzione e concorso in truffa in danno del servizio sanitario nazionale», perciò è necessario che le società operanti in questo settore riflettano sul primo decennio di vita della norma, evidenziandone i lati oscuri e la funzionalità. È partito da questa premessa di Maurizio Arena, presidente dell’osservatorio 231 farmaceutiche, un convegno organizzato il 15 marzo scorso a Roma, in Senato, insieme all’associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione a alla “public affair associations”. Il tallone d’Achille di questa legge, a giudizio di Antonio Tomassini (Pdl), presidente della commissione sanità di Palazzo Madama, è che «mancano reali elementi di prevenzione dei reati», che rappresenterebbero, invece, un buon affiancamento all’inasprimento delle pene, così come fu previsto nel 2001. A fargli eco Ignazio Marino (Pd), alla guida della bicamerale di controllo sull’efficienza del SSN, convinto che un’azienda debba darsi «strumenti efficaci» (leggi modelli di organizzazione e gestione) per anticipare il pericolo di commissioni di illeciti, tuttavia per il politico-chirurgo senza «la riscoperta dell’etica e della fiducia nelle persone», ogni provvedimento legislativo si rivela inutile. Gianluca Trinei, membro dell’organismo di vigilanza di Pfizer Italia, ha ricordato come sia stato sottoposto qualche anno fa a 26 aziende farmaceutiche di medio-grandi dimensioni italiane e straniere, un questionario per capire l’impatto che la 231 ha avuto sulla loro attività, e «abbiamo scoperto con piacere che il 100% di questi soggetti aveva adottato un modello comprendente una sezione dedicata alla prevenzione dei reati contro la pubblica amministrazione». Eppure, è intervenuto Michele Giordano, avvocato, la domanda che i manager mi pongono più spesso è: «Abbiamo la certezza che il nostro modello reggerà alla valutazione del giudice?». E la risposta (amara) del legale è che «non esistono modelli che possano garantirlo».  Italia Oggi Sette 28 marzo 2011

 

 

Decreto Legislativo 8

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