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GOODBYE TO GENTILI, THE HISTORIC ITALIAN PHARMACEUTICAL BRAND

Di Martino, presidente di Abiogen Pharma: «Colpa di leggi scellerate»

ENNESIMO, duro colpo alla tradizione farmaceutica pisana. Dopo l’annuncio dell’unificazione a Roma, entro un anno, degli uffici della Baxter – il che significherà trasferirsi nella capitale o licenziarsi per 70 dipendenti dello stabilimento di Ospedaletto – arriva adesso la doccia fredda della messa in mobilità dei 20 dipendenti dell’Istituto Gentili. Nove impiegati negli uffici di via Benedetto Croce e 11 informatori del farmaco sparsi un po’ dappertutto. Una scelta sofferta ma inevitabile secondo la famiglia Gentili, che ormai avrebbe solo una piccola quota nell’azienda, inglobata 11 anni fa dal gruppo Usa Merck Sharp & Dohme conservando però a Pisa il marchio, un progetto di ricerca sull’osteoporosi e la rete di promotori commerciali. Adesso tutto questo appartiene al passato. Gli americani lasciano Pisa e assicurano tutti gli ammortizzatori sociali. Per chi non vorrà trasferirsi a Roma, incentivi e buonuscita.
MA I SINDACATI non ci stanno: «E’ l’ennesimo atteggiamento tipico di chi ha i soldi – tuona Franco Marchetti, della Filcem Cgil -. Potranno pure concedere 20 mensilità, ma intanto i lavoratori tornano in mezzo alla strada. Inoltre è falso che se l’istituto fosse stato venduto ad aziende italiane, avrebbe perduto il marchio e invece, con gli americani, sarebbe stato in mani sicure. Intanto questi smobilitano, e invece, con le opportunità offerte dalla Regione e dalla Finanziaria, se avessero ceduto il marchio e due o tre linee di prodotti a un’azienda italiana, la Gentili avrebbe avuto un futuro vero. Magari se si fosse anche ricomposta con il ramo Abiogen… Invece la vecchia proprietà ha preferito gli americani che, come tutte le aziende multinazionali, pensano solo alla commercializzazione e, quando i conti non tornano, anziché investire in ricerca, chiudono e licenziano».
«CON I SE e con i ma non si fa la storia. In ogni caso c’era da aspettarselo. E’ il risultato degli interventi del governo sul settore farmaceutico che vanno avanti da almeno sette anni. Anzi, credo che la creatività dei vari esecutivi che si sono succeduti nell’inventarsi di volta in volta strumenti contro di noi sia sbalorditiva». E’ perentorio Massimo Di Martino, presidente e amministratore delegato di Abiogen Pharma – l’altro ramo dello storico istituto Gentili scorporatosi dalla casa madre nel 1997, in seguito all’acquisizione del marchio da parte degli americani – nell’apprendere la notizia delle lettere di mobilità per 20 dipendenti dell’azienda «cugina». La Abiogen è in mani interamente italiane, ed è una costola della vecchia casa farmaceutica di cui ha mantenuto immobili, attività produttiva, listino, progetti di ricerca e staff di ricercatori. «Fortunatamente – prosegue Di Martino – abbiamo scelto di non espanderci più del dovuto, visto che il mercato stava assumendo dimensioni sempre meno remunerative. Ma questa situazione tocca anche noi pesantemente. Nell’ottobre 2006 ci rivolgemmo all’Unione Industriali per denunciare che le conseguenze degli ultimi interventi in Finanziaria del governo avrebbero provocato effetti a cascata. Perché quando la redditività viene colpita sotto forma di aumento delle indeducibilità fiscali, di riduzione dei prezzi, di contributo per l’Agenzia del farmaco, l’effetto è sempre il solito: drenano risorse all’autofinanziamento e questa è una realtà amara per tutti. Le logiche della razionalizzazione sono queste. Se siamo al sicuro? I rischi per noi ci sono come per tutte le aziende. E’ chiaro che noi siamo esposti agli interventi del governo più di ogni altro settore. Finora abbiamo fatto quadrato e abbiamo cercato di assorbire, ma sono stati

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