Così la riforma incentiva la ricerca farmaceutica. In merito all’articolo comparso sul Sole-24 Ore del 30 ottobre dal titolo «Bocciato dall’Antitrust il decreto sulle medicine» riteniamo necessarie alcune puntualizzazioni. L’articolo enfatizza due critiche contenute nella segnalazione. La prima riguarda il rischio di una regolazione che conservi «in larga misura le attuali posizioni relative tra le imprese» invece di premiare le imprese più impegnate negli investimenti in R&S. La seconda riguarda una insufficiente attenzione a «incoraggiare l’ingresso di imprese produttrici di farmaci generici» e la loro diffusione.
In questo modo, resta nell’ombra la grande innovazione che proprio su questi due terreni la riforma introduce rispetto all’assetto di regolazione precedente. Basti pensare al modo in cui fino a oggi si faceva rispettare il tetto alla spesa farmaceutica: tagli di prezzo orizzontali che determinavano una incertezza di prezzo particolarmente dannosa proprio per le imprese che introducono farmaci innovativi e che non potevano contare su un orizzonte affidabile per il recupero degli investimenti in R&S. Non a caso negli anni passati il nostro Paese ha perso attrattività per gli investimenti nel settore e, pur costituendo il sesto mercato mondiale per consumo di farmaci, ha finito per collocarsi in una posizione di minorità nel campo della ricerca farmaceutica. A sua volta, la diffusione dei generici è stata finora frenata dalla pratica invalsa, quando un farmaco esce di brevetto, di spostare l’attività di promozione e con essa il consumo verso farmaci analoghi ancora coperti da brevetto. La riforma innova radicalmente la situazione, e non solo perché dà stabilità ai prezzi introducendo, al posto del taglio di prezzo, il rispetto del tetto tramite il meccanismo di pay-back rispetto ai budget contrattati con l’Agenzia del farmaco (Aifa).
Per la prima volta nel nostro Paese viene riservata, all’interno del tetto di spesa, una quota di risorse significativa per assicurare prezzi remunerativi ai farmaci che incorporano un maggiore contenuto di ricerca e innovazione. Viene inoltre riservata un’ulteriore dote di risorse per facilitare le dinamiche concorrenziali e la modifica delle quote di mercato e quindi per una regolazione che rispetti la competizione tra le imprese, aderendo all’evoluzione del mercato che ne deriva. L’opposto di quanto paventato nell’articol lungi dall’ingessare il mercato, i budget evolveranno nel tempo in funzione delle dinamiche concorrenziali cui la riforma apre uno spazio inedito nel nostro Paese. E non a caso, lungi dal «bocciare» il decreto, l’Antitrust suggerisce, in chiusura della segnalazione, di rafforzarne questo aspetto ampliando eventualmente la quota di risorse destinata a sostenere l’innovazione.
Inoltre, per la prima volta viene introdotto il principio per cui le risorse liberate dalla discesa di prezzo dovuta all’uscita di brevetto di un farmaco vengono riutilizzate per premiare via prezzo l’innovazione e per assicurare uno spazio di crescita ai generici stessi: in questo modo, si evita che quelle risorse vengano vanificate dalla pratica di spostamento del consumo verso i farmaci ancora coperti da brevetto. Naturalmente – e qui l’Autorità segnala un punto decisivo – questo risultato dipenderà anche dalla capacità del Servizio sanitario nazionale di orientare l’attività prescrittiva dei medici verso i farmaci generici ed equivalenti. Ma questo è un tema, su cui il ministero della Salute e le Regioni sono impegnati, che va al di là della riforma della regolazione oggetto del decreto.
Piuttosto, stupisce un po’ che nella segnalazione l’A
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