La relazione tra medici e industrie farmaceutiche dovrebbe essere regolata da un garante: una terza figura estranea ai due mondi che diventa arbitro e supervisiona sulla regolarità dell’esecuzione degli studi clinici. Questa terza figura potrebbe essere un comitato costituito da rappresentanti di istituzioni accademiche. Il comitato potrebbe chiamarsi Collegiate Research Council (CRC). È questa la proposta per risolvere il problema dei rapporti tra industrie farmaceutiche e studi clinici sponsorizzati che parte dalle pagine della rivista Plos Medicine ed è firmata da Julio Sotelo, direttore generale del National Institute of Neurology and Neurosurgery of Mexico.
La proposta è ben articolata: prima di tutto il comitato dovrebbe essere certificato da agenzie nazionali di competenza come la FDA per gli USA o l’EMEA per l’Europa. Il ruolo di garante del CRC dovrebbe estrinsecarsi attraverso la valutazione del protocollo dello studio clinico che le industrie farmaceutiche devono sottoporre al comitato prima di cominciare lo studio. Al CRC dovrebbe spettare il compito di definire il costo del progetto, dal compenso dei ricercatori coinvolti ai materiali utilizzati per compiere la ricerca. Questa valutazione servirebbe anche a stabilire il reale investimento di un’industria nello sviluppo di un nuovo farmaco e a valutare se i prezzi di vendita che vengono fissati al momento del marketing siano davvero giustificati. Il CRC dovrebbe anche vigilare sugli studi clinici nel momento in cui vengono effettuati; potrebbe anche scegliere di ricorrere a degli esperti estranei allo studio i quali avrebbero il ruolo di revisori rispetto all’operato dei colleghi. I risultati degli studi, anche se negativi, sarebbero resi noti dal comitato.
“Credo che la proposta di un organismo regolatorio possa redimere diversi bias che fanno agire sia le industrie che i ricercatori in una zona di grigio in cui è difficile stabilire quando si superano i confini e si scade nel conflitto di interesse”, scrive Sotelo. Nell’articolo pubblicato su Plos Medicine, l’autore illustra anche quali potrebbero essere i benefici derivanti dall’istituzione di un giudice tra le due parti. Intanto il giudice, non avendo interessi personali di alcun tipo, garantisce l’imparzialità e il corretto svolgimento degli studi clinici; può vigilare sull’acquisizione dei dati e renderli pubblici in modo che vi sia chiarezza sui risultati ottenuti.
Come dichiarato nel titolo del pezzo, quella di Sotelo è una proposta. Non è particolarmente originale: già da qualche tempo, infatti, si parla dell’opportunità di istituire una figura che funga da ago della bilancia. Dopo la lettura dell’articolo sorge un dubbi esistono già degli organismi preposti al controllo del corretto svolgimento degli studi clinici nelle diverse tappe che li caratterizzano. È davvero una soluzione introdurre un altro grado di controllo? Non si rischia di procedere per scatole cinesi che aumentano il volume delle energie spese ma non modificano la sostanza dei problemi?
Bibliografia. Sotelo J. Regulation of clinical research sponsored by pharmaceutical companies: a proposal. Plos Medicine 2006.
emanuela grasso