In occasione del “Community day”, il 28 aprile quaranta dipendenti della multinazionale svizzera dalla sede di Origgio si sono spostati per una giornata di volontariato nel cuore di Milano in sostegno ai profughi. Hanno svolto lavori manuali diversi con gli ospiti di Casa Suraya e del Centro Sammartini. L’iniziativa, realizzata anche grazie alla mediazione di AVSI, rientra nella campagna annuale “Profughi e Noi”, che invita a immedesimarsi con chi è profugo.
Pubblicata il 28 aprile 2016 – AVSI
Il profit incontra il non-profit su un tema di bruciante attualità. La multinazionale farmaceutica Novartis ha proposto ai dipendenti delle sue sedi italiane di coinvolgersi in una giornata di volontariato e in quaranta hanno accettato e si sono recati in due centri d’accoglienza del capoluogo lombardo, Casa Suraya, in via Salerio, e il centro Sprar di via Sammartini, entrambi gestiti dalla cooperativa Farsi Prossimo, con il sostegno della Caritas ambrosiana.
Quando il manager ridipinge Casa Suraya
di Marco Andreolli, responsabile Private Prtnership di Fondazione AVSI
Christian invece viene dal Camerun e sa come si dipinge un muro, anche lui quando vede queste persone che non conosce, ma che chissà come adesso sono nella sua casa a sistemarla, si rimbocca le maniche e prende in mano il pennello. Non sa che al suo fianco ci sono ricercatori farmaceutici che cercano le formule per combattere il cancro, addetti alle risorse umane, anche l’Amministratore delegato di Novartis in tuta e con in mano un secchio di vernice non si tira indietro. Christian non sa chi sono
Nel centro d’accoglienza di Casa Suraya, alla periferia di Milano, vive Christian, in primo piano. Viene dal Cameroon ed è un imbianchino. È lui a dirigere i lavori per rinfrescare i muri della struttura in cui sono accolti circa 100 rifugiati.
Spiega ai dipendenti di Novartis, qui come volontari, come la pittura una volta asciugata resisterà senza problemi all’acqua e i muri potranno essere ripuliti senza paura di rovinare la vernice.
Grazia a lui, c’è anche spazio per qualche rifinitura creativa… #volontariato#rifugiati #terzosettore #avsi #avsioninstagram
Non so chi oggi sia stato più contento, se la giovane famiglia irachena che ha un pezzo di casa più in ordine o i quaranta dipendenti di Novartis che hanno accettato la proposta di AVSI di una giornata da passare lavorando in due centri di accoglienza per i profughi. Quaranta persone, quaranta storie e realtà diverse che oggi si son incontrate accogliendo e abbracciando mondi lontani, di cui a volte si sente parlare solo sui giornali. Una multinazionale svizzera, Novartis, che da vent’anni offre ai suoi dipendenti l’opportunità di passare una giornata fuori dall’ufficio, per sostenere una realtà no profit.
Abbiamo voluto una campagna ambiziosa noi di Avsi, consapevoli di una sfida che non sappiamo quando finirà, un lavoro che facciamo da quarant’anni in giro per il mondo proprio dove i problemi iniziano, nel cuore dell’Africa o del Medioriente, iniziamo lì ad affrontare le violente tensioni che ti fanno pensare che no, non puoi più stare qui, che qui la vita non è più vita e che non c’è che da scappare, lasciare tutto e andare. Sono più di quarant’anni che lavoriamo dove la gente scappa e dove poi si ferma a cercare rifugio nei campi e poi ancora alle periferie delle nostre città. Abbiamo capito che chissà quanto ci vuole affrontare una cosa così grossa come questa dei profughi, abbiamo capito, oggi ancora meglio che la sostanza è che se ci troviamo, se spostiamo la polvere del cinismo, ci troviamo sulla stessa strada. Noi non smettiamo di sicuro di percorrerla. Con chi vorrà.
La campagna AVSI sostiene in particolare sei progetti lungo il percorso compiuto dai profughi, in particolare dal Sud Sudan, Siria, Iraq, passando da Libano e Giordania, fino in Italia, dove AVSI sostiene appunto le attività di Caritas Ambrosiana.
Giampaolo Silvestri, segretario generale di Fondazione AVSI: «Per AVSI è una bella opportunità poter favorire questo incontro: solo immedesimandosi con chi è profugo, accostandolo in gesti quotidiani, è possibile cominciare a guardare a questo fenomeno epocale con uno sguardo nuovo, e quindi concorrere a trovare soluzioni realistiche, insieme, senza gridare, ma rimboccandosi le maniche».