Emilia-Romagna. Case della Salute bocciate anche dall’Ordine dei medici
Redazione Fedaiisf
Le Case della Salute non possono diventare un’alternativa alla rete ospedale-territorio né vicariare le cure primarie. E’ la considerazione da cui scaturisce la bocciatura impartita dall’Ordine dei medici alla delibera della Regione Emilia-Romagna che, ai primi di dicembre, aveva dato luce verde alla riorganizzazione delle “Case”. In sintesi, il provvedimento mira a riclassificare le 84 strutture già in attività (più le 38 che si aggiungeranno) non più per la tipologia di servizi erogati ma per «aree integrate» d’intervento, multidisciplinari – cioè gestite da team cui partecipano diverse figure professionali (medico di famiglia, specialista, infermiere, operatore sociosanitario) – e imperniate sul modello della medicina d’iniziativa, ossia sulla programmazione proattiva degli interventi.
Centro di gravità della nuova organizzazione, almeno nella delibera regionale, sarà «l’ambulatorio infermieristico», ossia «il luogo e la modalità operativa in cui si realizza la presa in carico della cronicità». Gestito da personale infermieristico, con cui gli altri professionisti del Ssn (a partire dai mmg) si dovranno rapportare, tale ambulatorio «dovrà essere implementato e sviluppato in tutte le Case della Salute, a media/alta complessità e a bassa complessità, nella logica della rete assistenziale integrata». La riorganizzazione, di conseguenza, vede tra gli spettatori interessati anche le farmacie del territorio, perché tra le funzioni attribuite dalla Regione alle “Case” di complessità medio/alta ci sono «la distribuzione dei farmaci», il Cup, il «punto prelievi» e la «distribuzione di ausili protesici».
Il “no” deliberato la settimana scorsa dall’Ordine dei medici di Bologna, dunque, merita anche l’attenzione dei titolari. Perché nel mirino ci sono quei passaggi della delibera regionale che configurano le Case della Salute come strutture capaci di aggregarsi fino a costituire «un’alternativa organizzativa e strutturale al mondo della medicina generale e dell’ospedale». In più, la scelta regionale di affidare il coordinamento delle “Case” a personale infermieristico (senza la presenza di un direttore sanitario), toglie al medico di famiglia «la funzione di filtro e orientamento» nei confronti del paziente. «Gli Infermieri» ricorda l’Ordine «hanno gli strumenti per capire la gravità della condizione clinica di un paziente nella sua totalità, ma per la specificità del bisogno sanitario è necessaria una valutazione medica».
Poi ci sono i dubbi sui contenuti “tecnici” della delibera regionale (già criticata aspramente dalla Fimmg): per cominciare non vengono individuati «i compiti dei singoli componenti (operanti nelle Case della Salute, ndr) ma si affida a un responsabile non medico la sintesi delle varie attività che vi vengono svolte»; poi «non emerge chiaramente dal testo come tutelare il rapporto territorio-ospedale rispetto alle necessità di ricovero nei tempi necessari alla patologia da trattare»; infine, il provvedimento disegna un nuovo assetto del sistema sanitario nel quale il medico viene relegato a «ruolo secondario» e «subordinato istituzionalmente al coordinatore infermieristico». La richiesta finale dell’Ordine bolognese, quindi, è che la Regione riscriva la delibera «con collaborativo spirito costruttivo e “costituente”». Ossia ascoltando anche la voce dei medici. E magari delle farmacie del territorio, che già avevano detto la loro contro le Case della Salute nel convegno sulla distribuzione diretta organizzato da Federfarma regionale a Bologna ai primi di novembre.