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Dopo la sentenza della Consulta sulle pensioni, straordinari dei medici non pagati. I ricorsi possono mandare lo Stato in tilt

Straordinari non pagati, ricorsi dei medici possono mandare stato in tilt

«Chiariamo rispetto a notizie di stampa volutamente confuse. Anaao non chiede il pagamento di uno straordinario ma il riconoscimento di un indennizzo per il mancato rispetto di un diritto. L’indennizzo se riconosciuto andrà poi quantificato dal Giudice». Carlo Palermo vicesegretario vicario Anaao Assomed chiarisce alcuni aspetti della questione delle ore lavorate in più dai medici dirigenti pubblici su richiesta delle aziende in violazione della direttiva 88/2003 sugli orari di lavoro: ore per le quali starebbero lievitando i ricorsi dei medici.

In questi giorni il pool di avvocati di Consulcesi vara una class-action per il recupero degli straordinari non pagati; ma già da questo autunno Anaao ha stipulato una convenzione con Gcp, società specializzata nel recupero di crediti pubblici per consentire ai propri iscritti di chiedere un indennizzo. Valutata la documentazione del singolo, Gcp istruisce una causa e la segue fino all’incasso dell’eventuale credito. Ove il giudice condannasse lo stato al pagamento di tutti gli straordinari, la spesa finale potrebbe sfiorare i 5 miliardi di euro. Infatti, ipotizzando 150 ore l’anno di straordinario per 100 mila medici in 11 anni si tratta di 165 milioni di ore, e il valore di un’ora di straordinario varia tra 25 e 35 € in base al giorno feriale o festivo in cui si è lavorato.

«La direttiva 88/2003 CE, recepita in Italia con il decreto legislativo 66/2003, prescrive termini precisi su riposo giornaliero, tempo di lavoro massimo settimanale, riposo settimanale e ferie annuali», dice Palermo. «Il mancato rispetto di tali prescrizioni rappresenta la lesione di un diritto che l’Unione Europea garantisce a tutti i lavoratori. Da ciò deriva la possibilità per i professionisti di richiedere un indennizzo, ovviamente se la lesione non è stata occasionale o legata a fatti imprevedibili e transitori».

L’articolo 4 del dlgs 66/03 individua il tempo massimo di lavoro in 48 ore medie settimanali «ma valutate in 4 mesi. In una settimana un dirigente può lavorare anche 60 ore – puntualizza Palermo – ma le 12 ore eccedenti vanno recuperate nel giro di 4 mesi riportando la media alle 48 ore. Per la Dirigenza medica e sanitaria le 48 ore sono 38 di lavoro contrattuale e 10 di straordinario. In ogni caso lo straordinario non può superare il tetto di 250 ore annuali (articolo 5 del D.Lgs 66/2003). E le 10 ore eccedenti le 38 contrattuali non rappresentano un obbligo per il dirigente: vanno richieste per condizioni eccezionali e transitorie e non vanno considerate come fattore ordinario di programmazione dei turni».

L’azione legale parte con una procedura di messa in mora verso l’Asl o l’azienda ospedaliera per gli anni 2004-08; dal 2009 in poi si mette in mora la Presidenza del Consiglio. Spiega Palermo: «Lo stato è responsabile del mancato rispetto della Direttiva dacché il Governo Berlusconi (articolo 41, c. 13 della legge 133/2008) ha sospeso l’applicazione degli articoli 4 (tempo massimo di lavoro settimanale) e 7 (riposo giornaliero) del dlgs. 66/2003 per i dirigenti medici e sanitari Ssn e quindi dal 2009 al novembre 2015, data in cui entra in vigore il ripristino del diritto in base all’articolo 14 comma 1 della legge 161/2014.

Per gli anni precedenti la responsabilità va messa in capo all’Azienda con un tempo di prescrizione del diritto individuato in 10 anni».Il ricorso è precluso ai Direttori di struttura complessa «perché non hanno un orario di lavoro stabilito contrattualmente, non svolgono lavoro notturno né in genere i festivi. Quindi difficilmente hanno una lesione del diritto al riposo nelle sue varie articolazioni».

Mauro Miserendino – Mercoledì, 27 Maggio 2015 – Doctor33

Notizia correlata: “Basta turni infiniti” Il diritto al riposo arriva negli ospedali.

Redazione Fedaisf

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