Dopo anni in cui le norme non erano state applicate arriva ad un punto di svolta la questione del payback sui dispositivi medici. Mef e Salute hanno infatti firmato il decreto che certifica il superamento del tetto di spesa (4,4% del fondo sanitario) dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018.
E il conto per le aziende è molto salato. Per il 2015 dovranno rimborsare 416 milioni, per il 2016 i mln sono 473, per il 2017 sono 552 mln e per il 2018 si sale a 643 mln. In totale sono poco meno di 2,1 mld. Soldi che fanno particolarmente gola alle Regioni che ne hanno un bisogno disperato.
Come accaduto per il payback farmaceutico è facile prevedere una pioggia di ricorsi al Tar.
I commenti
Una misura ormai obsoleta che andrebbe rimossa. Il meccanismo del payback sui dispositivi medici, introdotto nel 2015 e mai attuato, è una misura ormai obsoleta che andrebbe rimossa.
Ideato in una fase di forte pressione sul risanamento delle finanze pubbliche, non è mai stato attuato a causa della complessità del settore e per questo non ha mai prodotto gettito per lo Stato, rappresentando però un fattore invalidante per l’intero comparto già in crisi a causa del blocco delle prestazioni sanitarie diverse dal Covid-19.
Si tratta di un trasferimento del peso dell’incertezza e della stabilità dei conti pubblici sul settore privato, che – come si rileva dall’analisi dei dati messi a disposizione da Confindustria Dispositivi Medici su cui si basa il paper – ha avuto come effetto tangibile la riduzione della liquidità a disposizione delle aziende per nuovi investimenti, ricerca e sviluppo.
Se il governo è l’organizzazione che deve provvedere a momenti di crisi, in questo caso certamente questo principio non vale, visto che le maggiori necessità dovute alla pandemia vengono poste in capo a aziende private. Una pandemia giocoforza implica il superamento dei tetti alla spesa sanitaria stabiliti in tempi prepandemici sulla base di fabbisogni “standard”. Con il payback si chiede a aziende di diritto privato di coprire le improvvise necessità aggiuntive, con effetti potenzialmente molto negativi sugli investimenti futuri, in un settore già penalizzato da misure come la rinegoziazione dei contratti o la tassa dello 0,75 per cento per le aziende che vendono al Ssn dispositivi medici e grandi apparecchiature.
Fifo Sanità
I contratti di forniture di DM vengono stipulati al termine di procedure di gara che hanno già l’obiettivo, tra gli altri, di contenere i costi della spesa pubblica. La restituzione del 50% della spesa alle Regioni risulta essere un fattore di assoluta criticità economico-finanziaria per le piccole e medie imprese, le quali non possono sottrarsi dall’eseguire o interrompere le forniture di beni o servizi, una volta risultati aggiudicatari di una gara pubblica. (Fifo sanità)
Il Decreto Payback Dispositivi Medici
Focus Analisi Spesa Dispositivi Medici
Il Settore Dispositivi in numeri
La linea guida europea MDCG 2022-13 Designation, re-assessment and notification of conformity assessment bodies and notified bodies.
Dispositivi. Contributo del 5,5 % delle spese sostenute per attività promozionali
Istituto Bruno Leoni: Quello della missione “Salute” è l’ultimo e più breve dei sei capitoli dedicati alle altrettante missioni del PNRR e l’ammontare degli investimenti a esso dedicato è il più piccolo: 15,6 miliardi di euro di fronte a un totale di 191,5 miliardi. Tale fatto è sorprendente perché il capitolo salute (e la scarsa capacità che i sistemi sanitari europei hanno avuto di fronteggiare la pandemia) è esso stesso la ragione principale dell’esistenza del PNRR.