Ddl Lorenzin. Il Senato approva. Riguarda anche sperimentazioni cliniche e medicina di genere.
Ieri i Capigruppo del Senato avevano stabilito la sua calendarizzazione in Aula tra oggi e sabato prossimo ma ponendo il testo sulla riforma degli Ordini e le sperimentazioni cliniche solo al terzo posto.
Ma oggi il Senato ha sbrigato in fretta le prima e la seconda pratica, approvando sia il ddl recante disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia che quello riguardante disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici.
Questa mattina dunque, 22 dicembre 2017, è stato approvata la legge (S.1324-B) che, oltre a occuparsi della riforma degli Ordini professionali sanitari, si occupa anche di sperimentazioni cliniche, medicina di genere, abusivismo professionale e dirigenza del ministero della Salute, con la larga adesione parlamentare.
Riportiamo la sintesi degli art. 4, 5 e 6 di maggior interesse per la nostra categoria, rimandando l’approfondimento al testo di legge e a “Quotidiano sanità” di cui il sunto è estratto.
L’articolo 4 opera una revisione della disciplina delle professioni sanitarie, in parte novellando il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 13 settembre 1946, ai Capi I, II e III, concernenti gli ordini delle professioni sanitarie, gli albi nazionali e le federazioni nazionali ,e in parte introducendo nuove disposizioni relative agli ordini e alle federazioni.
Come prima innovazione rispetto alal normativa vigente istituitva degli Ordini il ddl prevede una nuova definizione degli Ordini che vengo definiti come “enti pubblici non economici”, che “agiscono quali organi sussidiari (superando così la tradizionale definizione di “enti ausiliari” utilizzata di norma finora ndr.) dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale”.
E questa è solo una delle definizioni specifiche sulla natura giuridica degli Ordini sanitari che ora vengono messe nero su bianco entrando nel merito della loro natura economica e patrimoniale, del loro ruolo e delle loro funzioni.
In particolare, la nuova disciplina prevede, come prima accennato, un ammodernamento degli ordini delle professioni sanitarie, adeguando la normativa di riferimento agli ordini vigilati dal Ministero della salute con riferimento al loro funzionamento interno e mutando la denominazione di collegio in ordine. Infatti con la novella di cui al comma 1, innanzitutto, si richiamano gli ordini esistenti dei medici-chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti aggiungendo poi, rispetto alla normativa vigente, gli ordini dei biologi e delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica e dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (v. comma 9, articolo 3).
A questi ordini – insieme ai quali è altresì richiamato il nuovo ordine dei fisici e dei chimici – si applicano, in base al rinvio effettuato dal comma 12, le disposizioni del sopra citato D.Lgs.CPS 233/1946. Al riguardo si sottolinea che la disciplina dell’ordine dei biologi è inserita dall’articolo 9 nell’ambito delle professioni sanitarie, cui si aggiunge, a norma del medesimo articolo, la professione di psicologo per la quale, tuttavia, rimane ferma l’attuale normativa in materia di organizzazione, con alcune modifiche (v. articolo 9).
Gli ordini sopra richiamati al comma 1 del capoverso articolo 1 novellato, sono costituiti a livello territoriale: durante l’esame al Senato si è sostituito il termine di provincia con circoscrizioni geografiche corrispondenti alle province esistenti alla data del 31 dicembre 2012.
Rispetto alla normativa vigente, si mantiene la possibilità, in caso di esiguità del numero dei professionisti residenti nella circoscrizione territoriale – in relazione al numero degli iscritti a livello nazionale -, ovvero qualora sussistano altre ragioni di carattere storico, topografico, sociale e demografico, che un ordine abbia per competenza territoriale due o più circoscrizioni geografiche confinanti, ovvero una o più regioni ad opera del Ministero della salute (superando in tal modo il riferimento, ormai datato, all’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica), sentite le rispettive Federazioni nazionali e d’intesa con gli Ordini interessati.
Viene anche disposto che per l’esercizio di funzioni di particolare rilevanza, il Ministero della salute, d’intesa con le rispettive Federazioni nazionali e d’intesa con gli ordini interessati, può disporre il ricorso a forma di avvalimento o associazione tra i medesimi.
Infine, viene previsto che nel caso in cui il numero degli iscritti a un albo sia superiore a 50mila unità, il rappresentante legale dell’albo può richiedere al Ministero della salute l’istituzione di un nuovo Ordine che assuma la denominazione corrispondente alla professione sanitaria svolta; la costituzione del nuovo Ordine avviene secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro della salute, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’articolo 5, istituisce l‘area delle professioni sociosanitarie ed individua il percorso procedurale necessario per l’individuazione di nuovi profili professionali. Nell’area professionale vengono poi ricompresi i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario e le professioni di assistente sociale, di sociologo e di educatore professionale.
L’articolo 6 (Modifica alla legge 1° febbraio 2006, n. 43 – Individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie) inserito nel corso dell’esame in sede referente, disciplina la procedura relativa all’individuazione e all’istituzione di nuove professioni sanitarie. L’intervento legislativo è attuato sostituendo l’articolo 5 della legge 43/2006 Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali, la cui rubrica viene modificata in “Individuazione e istituzione di nuove professioni in ambito sanitario” (precedentemente ci si riferiva soltanto a “Individuazione”).
Come precedentemente previsto, l’individuazione di nuove professioni sanitarie, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute e il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali. Innovando rispetto a quanto attualmente previsto, l’individuazione potrà avvenire anche su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento che, a tal fine, dovranno inviare istanza motivata al Ministero della salute, il quale, entro i successivi sei mesi, dovrà pronunciarsi. In caso di valutazione positiva, il Ministero dovrà attivare la procedura finalizzata all’istituzione della nuova professione sanitaria.
L’istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legge 43/2006 e previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell’art. 4 del D Lgs. 281/1997, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Gli accordi istitutivi di nuove professioni sanitarie dovranno individuare:
– il titolo professionale;
– l’ambito di attività di ciascuna professione;
– i criteri di valutazione dell’esperienza professionale;
– i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti.
L’ordinamento didattico della formazione universitaria delle nuove professioni sanitarie così individuate è definito con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità.
La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse (comma 4).