Siamo certi che la vendita indiscriminata dei farmaci nei supermercati non si traduca in danni alla salute e in un aggravio di spesa per il Ssn? Se lo domanda Ageing Society – Osservatorio della Terza Età, la prima organizzazione a chiedere – già nel 2002 – interventi sulla catena distributiva del farmaco per ridurre i costi a carico dei cittadini.
Lo scorso anno Ageing Society tuonava contro i farmacisti e i loro inaccettabili “privilegi di casta” – legati a un Regio Decreto del 1927 – oggi con la stessa animata convinzione si domanda se il libero acquisto di farmaci senza prescrizione medica, presso la grande distribuzione, non si traduca in un aumento delle patologie iatrogene, di ricoveri e prestazioni sanitarie legate a un uso improprio o abuso di specialità medicinali.
Un allarme, quello lanciato da Ageing Society – Osservatorio della Terza Età, che ha l’unico intento di migliorare, attraverso opportune modifiche, il testo del decreto Bersani voluto, sostenuto e incitato, ma adesso accolto con una certa preoccupazione. Secondo il rapporto Osmed (Aifa) infatti, su 28 confezioni di farmaci consumate mediamente da ogni italiano nel 2005, 13 sono acquistate direttamente dai cittadini prevalentemente senza ricetta medica. Ma tali consumi, prosegue il rapporto, vengono assorbiti per il 58% da persone con più di 65 anni che potrebbero falsamente ritenere che farmaci posti nello scaffale di un supermercato siano potenzialmente meno pericolosi di quelli custoditi nelle farmacie.
Basti pensare che, i dati presentati al Congresso annuale della European League Against Rheumatism indicano che il 63% degli italiani soffre di un qualche dolore e che, per lenirlo, assumono senza discernimento farmaci analgesici e fans le cui dosi vengono frequentemente raddoppiate senza alcun riscontro con il medico di famiglia o lo specialista. Il professor Anthony Woolf ha dichiarato che già dopo dieci giorni dall’assunzione di un farmaco antidolorifico i pazienti aumentano le quantità di farmaco assunto o cambiano prodotto senza consultare il medico. Poiché tra gli scaffali del supermercato gli antidolorifici rappresenteranno un’ampia opportunità di scelta, preoccupa, ad esempio, il potenziale uso indiscriminato di detti prodotti da parte degli anziani che, in quanto portatori di pluripatologie, già assumono farmaci la cui combinazione potrebbe determinare effetti collaterali o effetti tossici come ad esempio lesioni alla mucosa gastrica, peggioramenti nei quadri di glaucoma, effetti sulla coagulazione del sangue, ecc..
“Il problema – afferma il prof. Emilio Mortilla, presidente di Ageing Society – Osservatorio della Terza Età – è peraltro ben noto alle autorità sanitarie che registrano con un certo allarme l’aumento dei ricoveri e delle prestazioni legate proprio alle conseguenze di un inappropriato uso dei farmaci. Ricordiamo infatti che i ricoveri impropri costano al Paese 5,7 miliardi di euro.
A preoccupare – aggiunge Mortilla – è innanzitutto il fenomeno, ormai accertato e conclamato, dell”overdose da farmaci’, un uso-abuso che oggi si delinea in due contestabili comportamenti: la totale dipendenza da medicine assunte per regolarizzare anche le più semplici funzioni fisiologiche e l’abitudine al fai-da-te senza consultazione del medico o del farmacista”. Secondo una recente indagine condotta da Ageing Society – Osservatorio della Terza Età, si stima che la fascia degli over 65 consumi – per quanto concerne la quantità di farmaci prescrivibili dal Ssn – il doppio delle medicine assunte dall’insieme della quattro fasce d’età più giovani. E ancora, la spesa pro capite di un assistibile di età superiore ai 75 anni è circa 10 volte superiore a quella di una persona di età compresa tra i 25 e 34 anni (il rapporto diventa di 16 volte in termini di dosi prescritte). Ricordiamoci al rig