L’Aula ha approvato il disegno di legge: “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 3012-C). Il provvedimento passa ora all’esame del Senato. Successivamente la Camera ha approvato il testo unificato delle proposte di legge: Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione (C. 913 e abb.). Il provvedimento passa ora all’esame dell’altro ramo del Parlamento.
Ddl Concorrenza approvato alla Camera. Dove si è molto parlato di farmacie…
Roma, 29 giugno – Con 218 voti a favore e 124 contrari, la Camera dei Deputati ha approvato questa mattina alle 11.06 il ddl 3012 C, ovvero la legge annuale sul mercato e la concorrenza, che ora torna al Senato per la quarta e definitiva lettura, in ragione delle cinque modifiche introdotte nel passaggio a Montecitorio.
Un esito ampiamente previsto e in linea con le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi parlamentari, caratterizzate da molte considerazioni riservate alle farmacie. A memoria futura, ne riproponiamo alcune (evidenziate per comodità dei lettori in giallo) riportandone i resoconti in questo allegato.
Significativo, in particolare, l’intervento di Pier Luigi Bersani (Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista, nella foto), che ha bocciato su tutta linea il ddl Concorrenza, accusato di essere tutto fuorché un provvedimento pro-concorrenziale. Un rilievo che Bersani ha sostenuto proprio usando le farmacie come paradigma di scelte che, a suo giudizio, dal punto di vista della libertà di mercato fanno “un passo indietro, grande, perché consentiamo al capitale di entrare in un settore protetto. Questo è il contrario esatto della liberalizzazione. Che sia il 20 per cento, il 10 o perfino il 5, non è che abbasserà i prezzi: farà i prezzi! Allora va bene, non diamo la fascia C, avanti così. Però almeno non offendiamo i giovani laureati in farmacia inalberando come argomento la sacralità sanitaria della farmacia, perché è appunto per quello che hanno studiato e hanno preso la laurea, come per ogni professione sanitaria. Chi impedirebbe ad un odontoiatra di curare un dente? Nella nostra diatriba non c’è mai entrata la questione sanitaria, qui c’è una pura questione commerciale, cioè un’esclusiva commerciale, che è stata pagata a caro prezzo, come per i tassisti. Quindi, quel caro prezzo deve scaricarsi sui prezzi. Però” ha concluso Bersani “qui non stiamo parlando di tassì, stiamo parlando di medicinali. Noi dobbiamo lavorare perché questi costino il 20-30 per cento in meno. Questo è l’obiettivo, se siamo della gente che non si inchina sempre alla corporazione».
Tra i 124 voti contrari al provvedimento va nnoverato anche quello di Massimo Corsaro, deutato di Direzione Italia, che ha severamente censurato la scelta di aprire la proprietà delle farmacie al capitale. “Per aprire e per strutturare una farmacia, oggi, tra acquisto dell’avviamento, tra impianto, tra magazzino e personale, occorre un investimento di qualche milione di euro” ha detto Corsaro. “Consentire alla società di entrare nella compagine di una farmacia corrisponde ad una scelta di partenza, si può essere d’accordo o si può essere contrari, ma non è giocando sullo zero virgola più o lo zero virgola meno di quota di sottoscrizione di capitale che si limita la potestà di governo del capitale sull’esercizio di un’attività imprenditoriale. Perché” ha concluso il deputato di Direzione Italia “di fronte a investimenti di diversi milioni di euro, basta che si consenta a un socio non professionista di entrare nella compagine, quello può anche entrare con l’1 per cento, ma se poi tutti i quattrini che servono li mette lui e vengono classificati come debito della farmacia nei confronti del socio di capitale, quello diventa in sostanza, comunque, il padrone delle ferriere e determina lo svolgimento e lo stravolgimento delle modalità del servizio, non necessariamente a beneficio dell’utente”.
Donata Lenzi (Pd) bacchetta invece chi protesta per l’ingresso in farmacia delle società di capitali. “Stiamo scoprendo l’acqua calda! Nella mia città (Bologna, NdR) la giunta di centrosinistra ha privatizzato le farmacie comunali quindici anni fa e le ha cedute a un gruppo internazionale tedesco. E sono stati i comuni italiani quelli che hanno fatto entrare la rete delle società all’interno della gestione delle farmacie, certo non sono stati i farmacisti che a lungo hanno difeso non solo le loro prerogative, ma anche la loro piccola misura, e quando si sono allargati, sono andati a prendersi le parafarmacie, i farmacisti”.
“Allora, perché siamo andati a inventare le parafarmacie e non abbiamo, in quel momento, affrontato a fondo il problema con una visione globale, creando un problema invece che dando una soluzione?” ha domandato Lenzi. “Perché dentro i numeri delle parafarmacie, il numero di coloro che non sono titolari di farmacie, ma sono farmacisti, è piccolissimo, una percentuale ridotta. Su questo tema noi abbiamo l’obbligo morale di intervenire. Lo abbiamo fatto due anni fa con la strada del concorso aperto a loro, perché potessero acquisire la titolarità di una farmacia, concorso che è quasi alla fine anche nelle regioni italiane, dove, al solito, ci sono stati ricorsi e controricorsi, e lo dobbiamo ancora fare e ci proponiamo di fare all’interno degli altri provvedimenti che ho citato (ddl Lorenzin e legge comunitaria, NdR), sempre con l’obiettivo di garantire a questo gruppo l’uscita da questa situazione – che non è né bianca, né nera, ma grigia – di gestione delle parafarmacie”. Q
La deputata di Civici e innovatori Adriana Galgano è tornata ancora una volta sulla questione della liberalizzazione della fascia C, “che più volte abbiamo chiesto in quest’Aula: i risparmi che sono stati calcolati per le famiglie italiane corrispondono a 500 milioni di euro, circa il 20 per cento, in considerazione del fatto che il totale degli acquisti per i farmaci di fascia C delle famiglie è di tre miliardi di euro”.
“Allora, io mi associo alle considerazioni che faceva l’onorevole Bersani sull’importanza di garantire farmaci a un prezzo più accettabile per le famiglie” ha concluso Galgano “e vorrei dire alla collega Lenzi che il problema non sono solo i farmaci, purtroppo, da 70 mila euro, ma anche i farmaci che costano molto meno, che le famiglie si devono comprare in farmacia e si devono pagare da sole, nel momento in cui glieli prescrive il medico”.
Giulia Grillo del M5S ha voluto ricordare che, anche se molti l’hanno dimenticato, la proposta della liberalizzazione dei farmaci di fascia C nel ddl Concorrenza nasceva da una proposta dell’alloratitolare del MISE Federica Guidi, non dal MoVimento 5 Stelle, o la Galgano o qualcun altro. “Poi, all’interno del Consiglio dei ministri con l’attuale ministra Lorenzin, evidentemente in un braccio di ferro, vinse la ministra scegliendo la soluzione della società di capitali che era peggiore, eventualmente, che affrontare un tema così complesso – su questo siamo d’accordo – con un emendamento buttato lì che certamente non risolve i problemi” ha affermato la parlamentare pentastellata.
Grillo si è anche interrogata su quali vantaggi finali per i cittadini possano venire dall’ingresso delle società di capitali. “Dico che i cittadini non ne avranno alcun vantaggio e, invece, ne avranno svantaggi sia i titolari di farmacia sia i titolari di parafarmacia sia che essi siano lo stesso soggetto” si risponde la deputata grillina, aggiungendo che “non corrisponde al vero il dato riportato che i titolari di parafarmacia siano per la maggior parte titolari anche di farmacia e questo, purtroppo, è un altro problema che è all’interno di una visione non sistematica, non complessiva di un problema che andava oggettivamente affrontato seriamente”
Anche Davide Zoggia (Articolo 1) è tornato sul tema delle parafarmacie, nate con le lenzuolate di Bersani nel 2006: “I dieci anni passati dall’avvio del processo di liberalizzazione avrebbero potuto essere utilizzati per avvicinarci gradualmente ad una situazione in cui ogni laureato in farmacia potesse aprire la sua farmacia, come fanno altri professionisti del settore medico; d’altronde, nessuno vieta ad un dentista, convenzionato o meno, di aprire il suo studio. Perché nel disegno di legge sulla concorrenza non c’è la libera vendita dei farmaci di fascia C? Perché di fronte alla protezione del settore si consente l’ingresso delle società di capitali?” ha detto Zoggia, annunciando il voto contrario del suo gruppo a una legge che “è una classica liberalizzazione al contrario: si rischia di creare degli oligopoli con effetti negativi per i consumatori, in quanto nei mercati chiusi i prezzi tendono a crescere. Il futuro delle farmacie dovrà necessariamente essere più ampio di quello attuale, potendosi anche occupare di servizi utili per i cittadini, essendo un presidio diffuso sul territorio. Insomma, stiamo facendo il contrario di quello che andrebbe fatto: si liberalizza il capitale, non la vendita dei farmaci. Così non va bene, è un cambio di direzione che ci preoccupa tantissimo”.
Critico anche Raffaello Vignali (Ap), in particolare su un approccio di liberalizzazione del mercato che, alla fine, tocca solo le piccole imprese: ” Non ci si venga invece a dire che il problema è liberalizzare i benzinai, i farmacisti, i carrozzieri, i taxisti, gli NCC. Io capisco che, per la cultura di qualcuno in quest’Aula, questi siano visti come dei rapaci rentier” ha affermato Vignali “ma sono dei poveri cristi, dei piccolissimi imprenditori, che rischiano in proprio del proprio e che spesso fanno fatica anche arrivare alla fine del mese”.
“Detto questo, però, questo testo contiene anche numerosi aspetti positivi” ha detto il deputato di Ap, annunciando il voto favorevole del suo gruppo ed esplicitando una preoccupazione sul futuro del provvedimento che, probabilmente, non è soltanto la sua. “Ripeto: non è perfetto, ma noi ritenevamo e riteniamo che andasse chiuso definitivamente qui alla Camera. Le quattro modifiche volute dal Pd, più quella ottenuta ieri dai Cinquestelle, secondo noi rischiano di far morire definitivamente questo disegno di legge al Senato, dove è stato diciotto mesi”.