Lo sblocco licenziamenti non influirà sulla crisi Teva. Per i sindacati resta inaccettabile il silenzio del Ministero che non ha ancora fissato una data per affrontare la vertenza
L’azienda farmaceutica israeliana ha annunciato la chiusura lo scorso mese di aprile. Ad essere coinvolti sono 360 lavoratori: famiglie tutte del territorio dell’Alto Milanese. A preoccupare maggiormente il fatto per cui a marzo lo stesso copione è stato ripetuto per il presidio di Bulciago. I sindacalisti, in questi tre mesi, tra proteste e assemblee con i lavoratori, hanno incontrato due volte i rappresentanti di Assolombarda ed hanno portato la vertenza in Regione Lombardia.
Sino ad oggi l’azienda, che risultava in trattativa per co-produrre vaccini, non è mai tornata sui suoi passi. La chiusura è fissata per il luglio 2022, ma ci sarebbe la possibilità di una proroga di sei mesi. Nel contempo due aziende hanno presentato il loro interessamento per l’acquisto del presidio, ma come ci ha spiegato Restieri «non c’è ancora niente di concreto». Teva è pronta ad avviare la cassa integrazione straordinaria e a mantenere il sito «in condizioni ottimali per una futura vendita».
La situazione, ogni giorno che passa, sta diventando sempre più tesa; durante l’ultima protesta i lavoratori hanno bloccato anche il Sempione: «Chiediamo una data al Ministero per poter definire al più presto un accordo. Non possiamo continuare ad aspettare».