Stati Uniti ed Europa, grazie ai loro investimenti nella ricerca biomedica, sono leader mondiali nella scoperta e
USA. L’industria farmaceutica statunitense ha un’esposizione significativa alla fornitura di farmaci dall’India le cui aziende forniscono circa il 40-50% di tutti i farmaci generici. Ma ben più alto è il rapporto di dipendenza dalla Cina. Negli Stati Uniti, l’importazione di farmaci cinesi è aumentata del 76% nell’ultimo decennio e ora circa l’80% dei farmaci venduti negli USA sono prodotti nella Repubblica popolare. Tra questi, il 95% di ibuprofene e il 45% di penicillina. Non è un caso se, tra i settori risparmiati dai dazi del presidente Trump, vi sono proprio le forniture mediche provenienti dalla Cina. In effetti questo ha lasciato gli API al di fuori della guerra commerciale bilaterale, ma ora scarseggiano a causa dei ritardi nella catena di fornitura causata dal CoVid-19.
Europa. Oltre al rallentamento della produzione, ad allarmare di più è il fatto che la pandemia ha rallentato sensibilmente la catena logistica di approvvigionamento. Problema particolarmente sentito in Europa dove non c’è ancora un sistema univoco Ue per la gestione dei trasporti dei prodotti farmaceutici e sanitari e dove le azioni non coordinate dei singoli stati membri stanno causando numerosi problemi nella libera circolazione di beni essenziali come quelli farmaceutici, come recentemente sottolineato da Enrique Häusermann, presidente Assogenerici.
Per il momento i grandi gruppi in Europa e Stati Uniti riescono a garantire le forniture grazie alle scorte di materiali stimate in media a tre-sei mesi, ma sul medio termine, lo shock causato dalla pandemia spingerà molto probabilmente le aziende a diversificare i mercati di approvvigionamento e produzione.
Effetti per l’Italia
L’Italia è leader in Europa nella produzione di medicinali per un valore di 32,2 miliardi di euro: il settore è un vero e proprio asset strategico dell’economia italiana. La produzione pharma è infatti cresciuta del 22% negli ultimi 10 anni con un aumento delle esportazioni del 117%, tanto che oltre l’80% della produzione è destinato all’export. In aumento anche l’occupazione, che si attesta ad oltre 66.000 addetti. A rendere strategico il settore sono anche gli investimenti in ricerca e sviluppo che ammontano a circa il 16% di tutto il settore manifatturiero, facendo del pharma l’industria più innovativa del nostro paese in termini di spesa in R&D. Come negli altri paesi, i farmaci non coperti da brevetto rappresentano il 90% delle vendite con i produttori di farmaci generici che detengono una quota di mercato del 22%.
Nell’attuale congiuntura, il settore farmaceutico italiano sembra essere ancora poco colpito dalla crisi generalizzata che attraversa la quasi totalità dei comparti produttivi del Paese. L’indagine rapida di Confindustria sulla produzione industriale nel mese di marzo ha segnalato un crollo dell’attività manifatturiera del 16,6% rispetto all’anno precedente: in questo quadro la farmaceutica, unitamente al settore alimentare, è riuscita a reggere il colpo, mantenendo una relativa stazionarietà nel fatturato. Ciò non esclude che, nei prossimi mesi, il crollo dei consumi e del reddito possa avere ricadute importanti in termini di acquisti di farmaci non essenziali.
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