Vogliono la fiducia dei cittadini in questo momento nero? Se la guadagnino. Il governo, la maggioranza e la stessa opposizione non possono chiedere un centesimo agli italiani senza parallelamente (anzi: prima) tagliare qualcosa di loro. Conosciamo l’obiezione: non sarà un taglio di 1000 euro dallo stipendio reale (l’indennità è solo una parte) di deputati e senatori a risolvere il problema. Perfino se tutti fossero condannati a lavorare gratis risolveremmo un settemillesimo della manovra. Vero. Ma stavolta non hanno scelta: è in gioco la loro credibilità.
Per partire devono aver chiaro un punto: il perfetto è nemico del bene. In attesa di una ridefinizione generale dello Stato (campa cavallo) certe cose si possono fare subito. Alcune simboliche, altre di sostanza.
Sono stati presentati nove progetti di legge, dall’inizio della legislatura, per ridurre o addirittura dimezzare il numero dei parlamentari. Da destra, da sinistra… Dove sono finiti? Boh… Sono tutti d’accordo, a parole? Lo facciano, quel taglio. Senza allegarci niente. Sennò finisce come sempre finisce: la sinistra ci aggancia una cosa inaccettabile dalla destra, la destra ci aggancia una cosa inaccettabile dalla sinistra. E tutto resta come prima. Esattamente il giochino della riforma bocciata al referendum del 2006, che vedeva sì una modesta riduzione da 630 a 518 deputati, da 315 a 252 senatori (non il dimezzamento sbandierato: quella è una frottola) ma anche uno svuotamento dei poteri del Quirinale e un aumento dei poteri del premier. Dettagli che garantivano la bocciatura: la sinistra non l’avrebbe votato mai. Vogliono ridurre davvero? Trovino un accordo e lo votino tutti insieme: non servirà neanche il referendum confermativo. Sennò i cittadini sono autorizzati a pensare che sia solo propaganda. Come propaganda appare per ora la mega-maxi-super-riforma votata dal Consiglio dei ministri il 22 luglio. Se era così urgente perché non risulta ancora depositata e non se ne trova traccia neanche nel sito di Palazzo Chigi? Era sufficiente l’annuncio stampa? Forse erano più urgenti le vacanze.
Non si possono abolire subito le province senza ripartire parallelamente le competenze e i dipendenti? Comincino a toglierle dal tabù della Costituzione e a sopprimere quelle che hanno come capoluogo la capitale regionale destinata a diventare area metropolitana o non arrivano a un numero minimo di abitanti.
Vogliono inserire il pareggio di bilancio nella Costituzione? Inizino col riconoscere, concretamente, che la cosa oggi più lontana dal pareggio sono le pensioni dei parlamentari: alla Regione Lazio i contributi versati sono un decimo di quanto esce per i vitalizi. Alla Camera e al Senato un undicesimo. Al netto dei reciproci versamenti addirittura un tredicesimo. Immaginiamo la rivolta: non si toccano i diritti acquisiti! Sarà, ma quelli dei cittadini sono già stati toccati più volte.
Deve partire una stagione di liberalizzazione? Partano introducendo una regoletta esistente nei Paesi più seri: un deputato pagato per fare il deputato può far solo il deputato. Un caso come quello di Antonio Gaglione, il parlamentare pugliese espulso dal Pd per avere bucato il 93% delle sedute e così assenteista («preferisco fare il medic
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