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Tutte le sfide che aspettano la sanità italiana nel 2023

I temi sono tali e tanti che solo stilare la lista può risultare a rischio di clamorose dimenticanze. La lotta al virus, la campagna vaccinale da rianimare, la ricerca di soluzioni per alcuni problemi ormai cronici come la carenza di personale sanitario e le lunghe liste di attesa. La riforma di AIFA, la riorganizzazione del Ministero della Salute e le nomine per Istituto Superiore di Sanità ed Agenas. L’attuazione del PNRR con i punti nodali delle Case della Comunità e della riforma della medicina generale. I contratti scaduti.

10 gennaio 2023 – Per prima cosa viene da dire: non vorrei essere nei loro panni. Si intende di chi oggi si trova, nuovo di zecca, a dover districare questa massa di problemi complessi e interconnessi. In effetti meglio osservare le cose stando nei nostri panni, che già ce n’è abbastanza.

Il Covid. La linea del nuovo Governo finora è stata quella di ridurre o annullare le restrizioni sia per mandare un segnale politico che per dare forza ad una ripartenza che implica la convivenza con il virus. Pero’ destano preoccupazione l’elevata circolazione virale cinese e le possibili nuove varianti che si affacciano all’orizzonte orientale e occidentale. Sarà necessario potenziare l’attività di sequenziamento che, nonostante siano trascorsi tre anni dal primo giorno, non è ancora a livelli ottimali.

Così come dovranno necessariamente riprendere spinta le vaccinazioni booster. Il Ministro si è più volte dichiarato convinto sostenitore dei vaccini ed ha implementato una campagna di comunicazione in merito ma di questa finora non abbiamo trovato traccia.

Le liste di attesa. Su questo problema si sprecano le analisi e i dati, ma la sostanza è che i fondi stanziati ad hoc dal precedente Governo non hanno prodotto risultati apprezzabili. Le attese per visite ed esami si allungano di giorno in giorno e la Manovra non ha confermato gli stanziamenti. Quindi in attesa di soluzioni per l’assistenza sanitaria pubblica il privato si organizza.

In dieci anni il personale sanitario ha subito un forte decremento, pari al 5,6%.  Tetti di spesa, blocco dei turn-over, i provvedimenti legati ai piani di rientro di alcune regioni, hanno portato alla situazione attuale: oltre 5.000 medici in meno, quasi 11.000 infermieri, più altri 23.000 operatori sanitari. In totale mancano circa 40 mila unità.  A questo si aggiunge l’incremento dell’età media del personale, per cui più della metà dei medici del SSN ha oggi più di 55 anni, la percentuale più elevata d’Europa, superiore di oltre 16 punti la media OCSE.

Nel corso dell’emergenza sono stati reclutati precari che ora, grazie alla legge sulle stabilizzazioni, possono essere assunti: già varie regioni hanno stipulato accordi con le organizzazioni sindacali per procedere con i contratti a tempo indeterminato.

Il Ministro Schillaci sostiene che il problema della carenza di personale è in cima alla lista delle priorità; nella Legge di Bilancio si sono destinati 200 milioni alle indennità per i medici dell’emergenza-urgenza, ma solo a partire dal 2024.

Connesso alla carenza del personale è il tema contratti. Quello della dirigenza medica e sanitaria 2019-2021 (scaduto) è stato al centro delle proteste dei medici prima delle feste natalizie. L’atto di indirizzo è al vaglio del Ministero dell’Economia e Finanze e senza il suo sblocco le trattative non riprenderanno.  Per i rinnovi 2022-2024 al momento non si è disposto nessuno stanziamento.

La medicina generale merita un capitolo a parte, sappiamo qual è lo scenario: in 10 anni persi quasi 6.000 medici (10% della platea), il numero degli assistiti per medico cresce di pari passo e raggiunge e a volte supera i 1.800 pazienti, il Governo Draghi ha incrementato le borse per i nuovi medici in formazione portandole da circa 1.800 a 2.700 l’anno, ma per superare la gobba pensionistica dovrebbero essere 4.000 l’anno (fonte FNOMCEO). Oggi il MMG è un libero professionista che attraverso una convenzione lavora per il SSN.

Dunque ci si chiede: quale ruolo per il Medico di Medicina Generale? La partita con il nuovo governo è tutta da giocare.

Senza il più piccolo salto siamo al PNRR. Se è vero che il Ministero della Salute dichiara raggiunti tutti gli obiettivi (milestone) posti dalla Missione 6 del PNRR è altrettanto vero che sulla riorganizzazione dell’assistenza territoriale disegnata dal DM77 e sulle Case della Comunità finora non ha dimostrato di riporre molta fiducia.

Secondo il Governo Draghi doveva esserci l’obbligo per i MMG di lavorare un minimo di ore dentro le Case di Comunità per una piena integrazione, ma con il cambio di governo questo provvedimento è stato archiviato e si dovrà decidere con che cosa sostituirlo.

AIFA, ISS, Agenas e Ministero della Salute. Abbiamo già più volte scritto della riforma AIFA passata senza una discussione aperta di merito. Si è scelta la strada del decreto legge inserito in un provvedimento di certo non coerente, tornando cosi ad una Commissione Unica (CSE) di 10 elementi che riporta direttamente al Consiglio di Amministrazione (composto da due membri di nomina ministeriale e due dalle Regioni), abolendo il ruolo del Direttore Generale e conferendo al Presidente anche la funzione di legale rappresentante. A questo è seguito il dimissionamento del DG Dott. Magrini che a molti è sembrato più un licenziamento che un atto conseguente. Perché allora tutto questo?

Dal 28 febbraio dovranno trascorrere massimo 60 giorni per elaborare un decreto attuativo discusso in Conferenza Stato-Regioni che fissi le regole per le nomine del Board e i compiti di Presidente, Commissione unica e Direzione Amministrativa e Tecnico-Scientifica.

Secondo la lettera aperta inviata ieri a Quotidiano Sanità da un consistente numero di clinici, solo un confronto pubblico “può garantire l’emergere di direttrici lungo le quali disegnare una riforma che garantisca contestualmente l’efficienza e l’indipendenza di una Agenzia che, oltre ad autorizzare l’immissione in commercio dei nuovi farmaci, governare le sperimentazioni cliniche controllate condotte a livello nazionale e promuovere sperimentazioni cliniche no-profit di tipo comparativo, gestisce 32,2 miliardi di spesa farmaceutica e rappresenta uno snodo fondamentale della realizzazione del diritto alla salute nel nostro Paese”

Potrebbe bastare così ma, ahimè altre questioni attendono l’impegno del Governo. Il payback sui dispositivi medici, che proprio in queste ore si è deciso di prorogare di altri 4 mesi. Le Aziende tramite Confindustria DM sostengono però che non è il tempo richiesto per trovare le risorse necessarie (2,2 mld) bensì per sedersi al tavolo e cancellare del tutto il meccanismo.

E poi ancora l’inflazione e il caro energia, che affliggono i bilanci delle Regioni, e dulcis in fundo l’autonomia differenziata che riguarda anche la sanità e dove non si vede concordia tra le forze di maggioranza.

Auguriamoci davvero nell’anno appena iniziato che si trovino la forza, la volontà e le risorse collettive per affrontare tutto questo ed anche altro. Per il bene e la salute di tutti.

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