Con un recente sentenza, il Tribunale di Torino (sentenza 1743/2017) ha trattato il tema del recesso del datore di lavoro dal contratto collettivo: si tratta di una questione molto rilevante sia per i rapporti sindacali sia perché il contratto collettivo incide nella disciplina dei rapporti individuali di lavoro.
Per inquadrare correttamente la questione è bene rammentare preventivamente che nel nostro ordinamento non vi è alcun obbligo da parte del datore di lavoro, non iscritto ad una organizzazione datoriale firmataria di un contratto collettivo, di applicare il Ccnl del settore merceologico in cui l’impresa opera, né sussiste il dovere di applicare “un” contratto collettivo; sussiste però l’obbligo di riconoscere ai lavoratori una retribuzione non inferiore ai minimi tabellari del Ccnl di settore, in virtù della norma costituzionale che riconosce ad ogni lavoratore il diritto ad una retribuzione “proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36 Cost.). In sostanza, secondo l’interpretazione comune, il contratto collettivo del settore stabilisce il parametro minimo retributivo a prescindere dal fatto che il datore di lavoro vi aderisca o no.
Nel caso esaminato dal Tribunale di Torino, un lavoratore – il cui rapporto di lavoro era regolato dal Ccnl metalmeccanici – passava alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro, in virtù di un trasferimento d’azienda la cui disciplina prevede la continuazione del rapporto con il nuovo titolare dell’impresa o del ramo d’azienda trasferito (art. 2112 c.c.). Quest’ultimo applicava, tuttavia, il Ccnl metalmeccanici soltanto ad una parte del proprio personale, mentre disciplinava altri rapporti di lavoro col Ccnl del terziario.
Ad un certo punto, l’imprenditore ha comunicato al lavoratore interessato dal trasferimento d’azienda l’intenzione di “recedere” dal Ccnl del settore metalmeccanico perché “troppo oneroso”, informandolo che, da quel momento, il rapporto sarebbe stato regolato dal Ccnl del settore terziario. Il lavoratore ha intentato una causa con cui chiedeva al giudice di accertare l’illegittimità del comportamento del datore di lavoro, rivendicando il trattamento economico e normativo del Ccnl per le imprese metalmeccaniche.
Nella decisione, il giudice torinese ha giustamente stabilito che il potere di recesso da un Ccnl non spetta al singolo datore di lavoro (che non ne è parte contraente), ma unicamente alle associazioni sindacali e datoriali che lo hanno sottoscritto, sicché, risultando l’imprenditore iscritto alla stipulante Federmeccanica, il recesso doveva considerarsi illegittimo e parimenti illegittimo era da ritenersi il maldestro tentativo di applicare unilateralmente un Ccnl diverso da quello firmato dall’associazione di appartenenza, mai abbandonata.
Riverbera, peraltro, nella pronuncia, l’annosa e mai risolta questione dell’applicazione dei contratti collettivi posto che, in mancanza di una legge di attuazione della disciplina prevista dalla seconda parte dell’art. 39 della Costituzione, i contratti collettivi sono efficaci e applicabili, in termini di stretto diritto, ai soli affiliati alle organizzazioni che li stipulano; sicché al datore di lavoro che voglia sottrarsi ad ogni disciplina contrattual-collettiva è sufficiente non affiliarsi o recedere dall’associazione imprenditoriale.
Emerge, ancora una volta, a settant’anni dall’entrata in vigore della Carta fondamentale di una Repubblica fondata sul lavoro, il problema di un diritto sindacale a-costituzionale e, più in generale, di un sistema di relazioni sindacali e contrattazione collettiva “tenuto assieme da poco più che spago e chiodi” – come ci ricorda spesso Umberto Romagnoli – il che è parso quanto mai evidente nella difficile stagione della contrattazione separata, culminata nella nota vicenda Fiat.
Di Stefania Mangione avvocata giuslavorista a Bologna, per i lavoratori. Ha scritto, assieme ad Alberto Piccinini, un libro in materia di comportamento antisindacale e fa parte della redazione regionale Emilia – Romagna della rivista RGL News.
8 febbraio 2017 – Il Fatto Quotidiano
CCNL Rinnovo settore chimico-farmaceutico dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2018
CCNL Rinnovo chimico-farmaceutico 2013-2015 – ISF pag. 47
Sintesi AEC Agenti e Rappresentanti 2014-2017 Settori Industriali e Cooperazione
N.d.R.: abbiamo riportato la notizia soprastante perché ci sembra particolarmente importante anche per gli Informatori Scientifici del Farmaco (ISF). Ci risulta che ci siano aziende farmaceutiche che assumono ISF applicando il contratto nazionale del commercio (terziario), evidentemente illegale applicato a lavoratori del settore chimico farmaceutico (con tutto ciò che ne consegue)