Gli esiti dei controlli su strumenti e apparecchi di lavoro, come smartphone e tablet, possono dunque essere utilizzati con due paletti: informazione preventiva al lavoratore e rispetto delle norme sulla privacy, ma non serve l’autorizzazione del sindacato e del ministero come avviene per le telecamere. Addio alle dimissioni in bianco, che venivano richieste dal datore al momento dell’assunzione.
Job Act, sì al nuovo pacchetto di decreti attuativi. Controlli a distanza secondo privacy.
(Teleborsa) – Il Governo ha finalmente dato il via libera al nuovo pacchetto di decreti attuativi del Job Act, la riforma del mercato del lavoro entrata in vigore nell’autunno scorso, che richiedeva l’emanazione di decreti ministeriali su vari aspetti del rapporto di lavoro.
Un primo decreto approvato nel giugno scorso disciplinava i congedi parentali, la maternità ed una serie di altri aspetti legati al rapporto di lavoro ed alla famiglia.
Il tema più dibattuto di questo nuovo pacchetto riguarda invece i controlli a distanza del datore di lavoro ed ha alimentato molte polemiche a causa dei problemi legati alla privacy. Proprio su questo punto il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha fatto delle rassicurazioni, precisando che i controlli a distanza potranno avvenire solo nel rispetto della privacy e non permetteranno al datore di lavoro di effettuare il controllo tramite strumentazioni (cellulari o tablet) in dotazione ai lavoratori.
Addio alle dimissioni in bianco, che venivano richieste dal datore al momento dell’assunzione, per mettersi al riparto da ogni eventualità futura, tipo la maternità. Ora, le dimissioni dovranno essere chieste con apposito modulo ministeriale, datato e numerato, scaricato online e senza possibilità di “imbroglio”.
Introdotto l’istituto dell’Ispettorato unico, per migliorare la qualità dei controllo e l’efficienza dell’amministrazione, abolendo le frammentazioni esistenti sino ad ora.
Estesa la cassa integrazione, per ricomprendere circa 1,4 milioni di lavoratori delle aziende più piccole (quelle che occupano da 5 a 15 dipendenti). Quanto alla Naspi, durerà 24 mesi, in un quinquennio mobile, che sale a 36 mesi in caso di uso dlela solidarietà.
Il Ministro Poletti si è detto molto soddisfatto dell’approvazione dei decreti. “Oggi abbiamo portato a termine un processo di riforma di grandissimo rilievo e in tempi estremamente rapidi”, ha commentato invece il sottosegretario Claudio De Vincenti.
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Le novità sui controlli a distanza
Sul tema controverso dei controlli a distanza, Poletti ha detto che è stato «colmato un vuoto normativo»: «Abbiamo modificato l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori per individuare una nuova disciplina nel rispetto della privacy colmando un vuoto non sugli impianti fissi ma sugli strumenti in dotazione ai lavoratori». Gli esiti dei controlli su strumenti e apparecchi di lavoro, come smartphone e tablet, possono dunque essere utilizzati con due paletti: informazione preventiva al lavoratore e rispetto delle norme sulla privacy, ma non serve l’autorizzazione del sindacato e del ministero come avviene per le telecamere. Quanto alla razionalizzazione dell’inserimento mirato dei disabili: «Abbiamo una buona legge, l’unico problema è che a fronte di cento iscritti alla lista ora siamo sotto il 3%: ogni cento meno di tre trovano un lavoro. Abbiamo perciò pensato di rendere più semplici queste normative e cambiare il sistema degli incentivi».
Estratto da Il Sole 24ORE – 04/09/2015 [articolo completo cliccare qui]
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Controlli a distanza. “Quello che serviva era una legge chiara e rispettosa della privacy e la norma li rispetta entrambi”, rivendica Poletti, spiegando le modifiche apportate dal Cdm al capitolo controlli a distanza, al centro di un braccio di ferro tra governo e Parlamento. “Abbiamo modificato l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori per individuare una nuova disciplina nel rispetto della privacy colmando un vuoto non sugli impianti fissi ma sugli strumenti in dotazione ai lavoratori”, spiega al termine del Cdm. “Oggi abbiamo una legge complessiva con norme chiare e definite nel rispetto della privacy”, conclude. In particolare, la soluzione scelta per dipanare la matassa prevede: un accordo sindacale per poter installare un impianto di sorveglianza fisso mentre nessuna autorizzazione sarà richiesta per dotare i lavoratori di strumenti di lavoro dal cellulare al tablet, al Pc. L’impresa dovrà invece “informare adeguatamente” il lavoratore sulle potenzialità di controllo sia degli impianti che degli strumenti e rispettare le norme sulla privacy. I controlli a distanza sui dispositivi di lavoro in dotazione ai lavoratori potranno avvenire solo nel rispetto della normativa della privacy. “La norma estende i controlli sui nuovi strumenti di lavoro (tablet, telefonini), l’utilizzo delle informazioni può essere fatto solo in rispetto della privacy ma l’autorizzazione sindacale o del ministero non è necessaria per cellulare e tablet ma solo per telecamere”.
«Ora scatta la fase due, quella dell’implementazione», ha concluso Poletti. «Rispetto a tutte queste norme abbiamo previsto una strumentazione di monitoraggio e verifica per ogni provvedimento, un comitato che valuterà gli esiti di questo lavoro. Noi siamo favorevoli alla stabilità normativa, ma non possiamo neppure dire che non toccheremo cose sbagliate».
Estratto da L’Unità – 04/09/2015 [Per l’articolo completo cliccare qui]
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N.d.R.: IL COMPROMESSO SCELLERATO. Quando il testo sarà reso pubblico ne sapremo sicuramente di più. Da quello che emerge dalle dichiarazioni sembra che si sia arrivati ad un compromesso dichiarando una forma legislativa più accettabile ma in sostanza senza cambiare nulla.
Sui dispositivi usati dai dipendenti non ci deve essere alcun software di controllo, poiché ciò sarebbe una violazione delle leggi poste a tutela della privacy, dice Poletti.
Tuttavia, se da un’applicazione di lavoro, installata su un Pc o su uno smartphone in uso al lavoratore per motivi professionali, è possibile desumere ordinariamente dati sul rendimento della prestazione lavorativa del singolo lavoratore, allora l’utilizzo di questi dati sarà legittimo ai fini retributivi e disciplinari, dunque per l’erogazione di premi ma anche di sanzioni.
Non hanno né il senso del ridicolo né vergogna.