Con la crisi meno ticket

  Gli effetti della crisi economica si fanno sentire anche sulla salute degli italiani. Quasi 1 su 5 (il 18%), in un anno, ha rinunciato per motivi economici a una o più prestazioni sanitarie, soprattutto visite specialistiche e cure odontoiatriche, ma non solo. Con differenze notevoli tra i cittadini. Il dato, infatti, sale a circa il 21% tra i residenti nelle regioni del Centro, al 23,5% nel Sud, al 24,2% tra i 45-64enni, al 27,2% nelle grandi città, al 31% tra i meno istruiti. Sempre di più, inoltre, si preferisce ricorrere al servizio pubblico, anche con lunghe liste d’attesa. Sono alcune anticipazioni dei risultati del Monitor del Forum per la ricerca biomedica e del Censis – che ogni anno fotografa il rapporto degli italiani con la salute e il Servizio Sanitario Nazionale – e che verrà presentato nei prossimi mesi. Le cifre indicano, dunque, che si è accentuato il ricorso a una strategia del rinvio delle prestazioni sanitarie meno urgenti. Quasi il 21% degli intervistati ha anche ridotto l’acquisto di farmaci pagati di tasca propria: più del 23% dei 45-64enni, il 23,4% nel Mezzogiorno, il 28% dei residenti nelle grandi città, quasi il 29% dei meno istruiti. Si tratta del cosiddetto co-payment, la forma più nota di compartecipazione della spesa, uno strumento molto discusso dal momento che, secondo l’opinione di molti esperti, potrebbe diventare una barriera all’accesso ai servizi soprattutto per le persone a basso reddito. Un aspetto che sembrerebbe confermato dal Rapporto Censis, secondo il quale "gli effetti della crisi economica e lo sforzo sistematico e diffuso di razionalizzazione della spesa sanitaria pubblica si intrecciano provocando il primo e più significativo impatto proprio sulle famiglie che si autocollocano al livello socio-economico più basso". Ma come è organizzato il sistema di ticket in Italia? Lo ha spiegato in un recente intervento l’Osservatorio Salute&Diritti del Movimento difesa del cittadino (Mdc), che ha realizzato il dossier "Le gabbie sanitarie" per fare il punto su questa situazione.
 
Per prendere in farmacia un medicinale mutuabile le regole possono essere molto diverse sia in termini di limiti prescrittivi, sia per quel che riguarda il pagamento del ticket. E se in 9 Regioni non sono previsti, il Lazio è in testa alla classifica delle Regioni in cui il cittadino non esente paga di più: 4 euro per farmaci che costano più di 5 euro e 2,50 euro per quelli che hanno un prezzo inferiore ai 5 euro. Inoltre, se in Valle d’Aosta, Provincia di Trento, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Basilicata e Sardegna non esiste alcun pagamento per i farmaci a carico dell’assistito, i cittadini che non beneficiano di particolari esenzioni e che abitano in Sicilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Provincia Autonoma di Bolzano, Veneto e Puglia, devono sobbarcarsi il costo del ticket di 2 euro per ogni confezione, indipendentemente dal prezzo del farmaco. Seguono l’Abruzzo, che fa pagare ai non esenti 2 euro a confezione ma se il prezzo del farmaco è inferiore a 5 euro il ticket scende a 0,50 euro; la Calabria, che fa pagare ai non esenti 1 euro a ricetta più 2 euro a confezione; la Campania (1,50 euro a confezione) e il Molise (1 euro a confezione, 0,50 euro per i generici, gratis i farmaci inferiori a 5 euro). In questo caos, che cosa può fare il cittadino? "In primo luogo – sostiene

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