“I malati sono malati!”, dice spesso. Subisce la noia degli Informatori, accetta senza commenti le consulenze private di autonoma scelta dei suoi pazienti. Direi un Medico tollerante!
Posted On 02 dic 2014 – zipnews
È un giorno lavorativo particolarmente pesante: 42 malati da ascoltare e visitare! Ne conosco l’alta professionalità e anche l’indulgenza: “I malati sono malati!”, dice spesso. Subisce la noia degli Informatori, accetta senza commenti le consulenze private di autonoma scelta dei suoi pazienti. Direi un Medico tollerante!
Non avevo mai colto una frase così rabbiosa verso un collega anche se talvolta ne avrebbe avuta occasione. Presunzione, supponenza e saccenza convivono confortevolmente tra i medici. Con molto garbo gli chiedo: ”Ma che cosa ti ha fatto?”.
”È stato imprudente con una mia malata. Sicuramente sa più cose, ha una visione più universale della letteratura, possiede testi di clinici illustri e conosce molte lingue. È preparatissimo ma non sa nulla dei malati. Mi domando se ne ha curato anche uno solo!”. Mi è difficile seguirlo nel ragionamento: avrei voglia di chiedergli chi è questo dottor Kildaire. Torino è piccola … Ma l’amico continua seguendo il suo pensiero. “Ti rendi conto che il malato, grave o solo con disturbi di poco peso, è un soggetto fragile, che ha perso le certezze della vita quotidiana. Ha bisogno di parole semplici, vuole essere ascoltato e, possibilmente, rassicurato. Accetta la spiegazione, ma semplice, l’indagine, ma quella utile, non vuole esperimenti, non vuole spiattellate tutte le ipotesi prognostiche. Accetta i farmaci, purché suggeriti dall’esperienza del Curante.
Lui, invece, entra a gamba tesa sui sintomi, esaspera in gravità la condizione dichiarata, cita statistiche agghiaccianti e le sue conclusioni sono quasi sempre drammatiche. Un semplice mal di testa diventa una patologia incurabile. Ha la freddezza di un meccanico su un motore rotto!”. “Forse è un teorico delle regole del consenso informato”, suggerisco io.
“No! Lui non sa che i malati sono in qualche modo ipocondriaci e che questo suo modo di fare porta alla cybercondria. Lui non sa che i disparati motivi per cui le persone vanno a cercare su Internet informazioni mediche raramente vengono soddisfatti e residua un sapore amaro di paura. Lui non sa che pochissimi utilizzatori hanno le basi per selezionare, scremare e ammortizzare le informazioni”. Finalmente capisco. L’amico è infuriato contro il Dottor Google!
Da uno studio americano: circa il 35 % delle persone si affida al web per cercare informazioni riguardanti la natura dei propri disturbi fisici. Tra i fedeli di dottor Google che si autodiagnosticano ben il 41 % richiede al suo dottore la conferma della loro diagnosi, e il 18 % confessa che il medico non si è trovato d’accordo con la prognosi che i pazienti hanno ricavato da sè.
Inaffidabilità delle fonti, complessità delle informazioni, assenza di basi teoriche rischiano di esagerare o aggravare la condizione di salute degli stessi che decidono di scavalcare l’autorevolezza scientifica. Non scavalchiamo il medico curante per privilegiare il sostituto virtuale più veloce, gratuito e disponibile 24 ore su 24. Il dottor Google è utile solo per fare cultura, rapida, a poco prezzo e, magari, anche certificata.
IN FUTURO
Dopo aver conquistato le menti, ora Google si dedica al corpo. Il gruppo guidato da Larry Page intende, in collaborazione con le università americane di Stanford e Duke, identificare biomarcatori capaci di individuare in anticipo le malattie rispetto alla manifestazione dei primi sintomi. Ad occuparsene sarà Google X, il laboratorio che ha già sviluppato le vetture senza guidatore; gli occhiali Google Glass che permettono di avere informazioni dalla realtà aumentata; le lenti a contatto che consentono di calcolare, attraverso le lacrime, il tasso di glucosio nei diabetici.
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