Sono quattro le tappe attraverso le quali passa lo sviluppo di un nuovo farmaco
FASE 1 definita anche "pilota", serve a valutare la tossicità del composto e permette di definire il dosaggio con il quale verrà usato nelle successive fasi della sperimentazionE.FASE II: è il momento di ricerca e di esplorazione vera e propria, che consente di osservare l’azione del composto su numeri ristretti di malati affetti da una particolare malattia.FASE III: serve per confrontare l’efficacia del nuovo farmaco con un trattamento standard, usando come controllo altri farmaci o piacebo.FASE IV: dev’essere effettuata dopo l’immissione del farmaco sul mercato per verificarne gli effetti su grandi numeri di malati.
VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale). È stato introdotto per la prima volta negli Stati Uniti nel febbraio del 2004 e in Europa un anno dopo, per il trattamento di prima linea nei malati di tumore del colon-retto metastatico. Una seconda classe di tarmaci di cui fanno parte il sorafenib e il sumtimb, è costituita da molecole più piccole rispetto alle prime che intervengono all’interno della cellula, agendo come blocco nella formazione di parti colari proteine chiamate "tirosinchinasi" Possono essere presi anche come cura esclusiva e per bocca, permettendo di avere minori reazioni tossiche. Approvati in Italia Tutti i tumori più importanti possono trovare un aiuto dall’approccio anti-angiogenetico, ma l’introduzione dei singoli preparati nella cura di particolari tipologie di tumori è soggetta a lunghe e articolate fasi di sperimentazione.II bevacizumab, per esempio, è attualmente approvato e già usato anche in Italia per i tumori del colon retto e quelli al seno metastatici e nel trattamento di prima linea di alcuni tipi di tumore polmonare Risale solo a dicembre 2007 la sua introduzione in Europa come trattamento di prima linea nei malati con tumore renale avanzato. Lo studio Avoren ha dimostrato che per quest’ultimo tipo di tumori si può registrare un miglioramento anche della sopravvivenza generale dei malati. Il sunitinib e il sorafenib hanno avuto l’approvazione per il trattamento dei tumori al rene. Il primo è stato introdotto anche per i Gist*, tumori stromali gastrointestinali, molto rari ma sensibili ai nuovi farmaci biologici. Per il sorafenib ci sono studi molto importanti presentati quest’anno dall’American society of clinical oncology, a Chicago che hanno dimostrato una benefica azione per i tumori del fegato. Entrambi i tarmaci vengono presi per bocca, da soli o in associazione alla chemioterapia. La talidomide, un farmaco tornato alla ribalta dopo essere stato ritirato dal commercio, è invece stata approvata, assieme ai suoi derivati, per il trattamento del mieloma multiplo (vedere anche il riquadro qui in basso). Nel prossimo futuro Questi sono i farmaci antiangiogenetici oggi già usati anche in Italia, mentre altri sono ancora in fase di sperimentazione, ma quasi pronti a fare il loro ingresso ufficiale. I risultati migliori nel breve termine sono attesi per l’enzastaurina e per il vandetanib. Per il primo, un farmaco che può essere preso anch’esso per bocca, le sperimentazioni sono rivolte a verificarne l’azione benefica nei confronti dei tumori del cervello. Le ricerche sono attive negli Stati Uniti e in Italia presso l’Istituto oncologico veneto di Padova. Del vandetanib, invece, si sta studiando l’effetto sul tumore ai polmoni. Questo farmaco agisce come freno sia per l’angiogenesi sia per la proliferazione delle cellule tumorali stesse.Anche se sono in generale meno tossici rispetto ai farmaci chemioterapici, è bene sempre ricordare che i malati che vengono curati con i farmaci anti-angiogenetici possono incorrere in alcuni effetti collaterali, come: • pressione alta, • reazioni cutanee. Le