La conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato si aggiunge al risarcimento del danno previsto (dalle 2 e mezzo alle 12 mensilità) in caso di accertamento giudiziale dell’illegittimità del termine apposto al contratto. È la conclusione cui si giunge dalla lettura congiunta del comma 5 dell’articolo 32 del collegato lavoro, approvato in via definitiva dalla Camera e in attesa di pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale», e dall’analisi della posizione espressa dal ministro Maurizio Sacconi, nel corso dell’audizione del 19 ottobre, su domanda del presidente della Commissione lavoro, Silvano Moffa (Fli).
In base al decreto legislativo 368/01 il contratto di lavoro a tempo determinato può essere stipulato solo a fronte di specifiche e concrete esigenze produttive, organizzative, tecniche o sostitutive. Negli ultimi anni la disciplina è stata rivista, vuoi nell’ottica di "restringerne" la sua applicazione (è il caso, ad esempio, della legge 247/07, cosiddetto "pacchetto welfare") vuoi per mitigarne gli effetti restrittivi (è avvenuto con la legge 133/08).
In occasione dell’ultima riforma (legge 133/08) il legislatore ha introdotto una norma transitoria che prevede l’applicazione della sola sanzione pecuniaria per i contratti a termine illegittimi stipulati entro il 22 agosto 2008. In questo modo la conversione del contratto a termine è stata sostituita con un indennizzo di natura economica.
La legge 133 è stata tuttavia bocciata da parte della Corte costituzionale: lo "sbarramento" temporale previsto dalla norma violava infatti il principio di uguaglianza espresso dall’articolo 3 della Costituzione. I contenuti di questa legge sono stati riformulati alla luce della sentenza della Corte costituzionale e riproposti nel collegato. L’articolo 32 al comma 5 stabilisce che «nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità».
C’era il dubbio che l’indennizzo previsto esaurisse tutte le conseguenze giuridiche della nullità del termine. Questa perplessità è stata dissipata dalla risposta del ministro Sacconi: è stato infatti chiarito che il comma quinto postula l’avvenuta conversione del contratto in lavoro subordinato a tempo indeterminato. Non c’è quindi conflitto tra la conversione del contratto e il risarcimento, anzi i due termini coabitano.
Dopo questo chiarimento e dopo l’entrata in vigore del collegato, il datore di lavoro potrebbe essere condannato a risarcire il danno nei limiti definiti e a riammettere il lavoratore a seguito della conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il regime sanzionatorio introdotto, così interpretato, avrà l’effetto positivo di "contenere" il risarcimento che sarà insensibile