Abbiamo già pubblicato la notizia dell’iniziativa di Codacons di diffidare i vari Ordini dei Medici sui presunti finanziamenti elargiti dalle aziende farmaceutiche ai medici. La notizia è stata ripresa con grande clamore e scandalo da diverse testate giornalistiche.
La stessa cosa Codacons aveva fatto nell’agosto scorso, ma dato il periodo vacanziero aveva avuto meno risalto.
E’ di ieri la diffusione di un nuovo comunicato di Codacons in cui dichiara: “Il Codacons ha deciso di pubblicare la lista dei medici italiani e delle fondazioni/università/istituti finanziati dalla casa farmaceutica Glaxo-Smith-Kline, così come diffuso dalla EFPIA. Inoltre il Codacons inoltrerà questo elenco all’Anac, a seguito dell’esposto già presentato per conflitto di interessi nei confronti del presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Gualtiero Ricciardi“. E prosegue: “Per scaricare la lista completa dei medici italiani e delle fondazioni/università/istituti finanziati dalla casa farmaceutica Glaxo-Smith-Kline, clicca qui” (previa iscrizione al Codacons)
Ora è tutto chiaro, urlano ai quattro venti dello scandalo per aumentare il numero di iscritti, evidentemente i finanziamenti di Stato che ricevono non sono sufficienti. Finanziamenti di Stato che sono proporzionali al numero di iscritti, che però nessuno controlla.
Il Corriere della Sera Veneto titola: “Medici pagati da aziende del farmaco, il Codacons pubblica i nomi online” e scrive “Impossibile non ripensare alla maxi inchiesta aperta nel 2003 dall’allora procuratore di Verona, Guido Papalia, sulla Glaxo SmithKline, accusata di aver distribuito mazzette, regali e viaggi a medici pronti a prescriverne i farmaci a scapito di quelli della concorrenza. Sei anni di indagini e udienze, 4.713 indagati e, nel 2009, la sentenza: sei imputati condannati a una sanzione fra i 300 e gli 800 euro e un patteggiamento. Tutti gli altri — camici bianchi, dipendenti Glaxo, informatori farmaceutici, farmacisti, dirigenti — assolti o usciti dall’inchiesta (556) prima del processo. Ora però il Codacons pubblica sul proprio sito un lungo elenco di ospedalieri e medici di famiglia «finanziati» dalle case farmaceutiche. Tra questi, 125 tra specialisti, primari e medici di base di tutte le province venete, anche se la maggioranza lavora per le Aziende ospedaliere di Padova e Verona“.
Padova Oggi titola Codacons: «Anche i medici operanti in regione hanno preso soldi dalle case farmaceutiche», Telemia titola “Codacons. In Calabria medici hanno preso soldi da case farmaceutiche. Più trasparenza“: Ravenna Notizie: “Sanità. Codacons: più trasparenza tra medici e aziende farmaceutiche”; su Cagliari Casteddu: “Soldi dalle case farmaceutiche, Codacons: “Diffidati gli Ordini dei medici sardi, cittadini verifichino sull’elenco”; su La Rampa: “La denuncia di Codacons Campania: anche i medici operanti hanno preso soldi dalle case farmaceutiche“; su Foggia Today: “Soldi dalle casse farmaceutiche: ecco la lista dei medici “che hanno ricevuto finanziamenti dalle multinazionali”” e così via. L’obittivo Codacons è raggiunto, il clamore e lo scandalo è al livello massimo, chissà quanti si iscriveranno per vedere chi sono i medici che hanno ricevuto finanziamenti. I media, senza sapere nulla, pubblicano la notizia dello scandalo.
Con grande orrore di Codacons cita poi anche il finanziamento all’ISS (Istituto superiore sanità) chissà per quali immondi fini, dimenticando però di dire che GSK assicura di aggiornare periodicamente i dettagli sui programmi di Indipendent Medical Education (IME) finanziati in Italia come parte del proprio continuo impegno alla trasparenza e per rendere evidente agli Operatori Sanitari il proprio supporto per il costante aggiornamento e la continua formazione della classe medica attraverso il sostegno delle migliori iniziative educative accreditate, fra queste risulta anche l’istituto Superiore di Sanità (ISS).
Chi vuole risparmiare i soldi per l’iscrizione al Codacons può consultare gratuitamente la pagina “Pubblicazione dei trasferimenti di valore agli operatori sanitari Italia” che la stessa GSK mette a disposizione di tutti. Così come GSK, perché Codacons punta il dito su GSK, anche tutte le altre aziende aderenti al Codice EFPIA pubblicano questo tipo di dati. Non è niente di illecito essendo la materia regolata dalla legge, fra tutte citiamo il comma 5 dell’art. 120, l’art. 123 e l’art. 124 del D.Lgs. 219/06.
«Mi pare un’altra caccia alla streghe che rischia di rovinare il nostro rapporto con i malati — dichiara Francesco Noce, presidente regionale della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) del Veneto — ricordiamoci che sono le case farmaceutiche a finanziare la ricerca. E quindi gli ospedalieri che hanno rapporti con le stesse sono coinvolti in studi clinici sull’efficacia di determinati prodotti, dietro autorizzazione dell’azienda sanitaria di appartenenza e del proprio primario. Oppure, sempre con i permessi citati, sono relatori a convegni organizzati dalle industrie del farmaco ma che consentono ai camici bianchi di accumulare i punti Ecm di aggiornamento: è obbligatorio raggiungerne 150 in tre anni. Tutte attività dichiarate al Fisco».
Il segretario di Fimmg Veneto, Domenico Crisarà dichiara: «A parte il fatto che ogni anno facciamo risparmiare alla Regione tra i 10 e i 12 milioni di spesa farmaceutica grazie all’appropriatezza prescrittiva e al ricorso ai generici, associando ad ogni cittadino un costo massimo di 108 euro contro i 200 rilevato in molte altre realtà italiane, il rapporto con le ditte produttrici è motivato dalla farmacovigilanza. Cioè dall’osservazione degli effetti collaterali dei medicinali e da studi finanziati dalle stesse e autorizzati dal ministero. Attenzione, sulle accuse infondate di connessioni tra medici e industria del farmaco si basa la campagna no vax».
Non possiamo che ripetere le stesse cose che avevamo detto ad agosto scorso.
Possiamo fare le seguenti considerazioni: gli operatori sanitari sono indispensabili alle aziende farmaceutica perché possono fornire le conoscenze scientifiche alla ricerca farmacologica, nel contempo le aziende farmaceutiche diventano indispensabili ai medici ai quali possono fornire risorse, che lo Stato non dà, per le loro ricerche e formazione medica. Che tutto questo avvenga nella massima trasparenza per evitare operazioni scorrette è positivo. Poi dipende sempre dai controlli, che sono quelli che sono ma che dovrebbero essere molto attenti e severi affinché non venga nascosta attività illecite. È eticamente e politicamente corretto tutto questo? Ognuno può dare la sua risposta in base alla propria coscienza.
Ovviamente stiamo parlando di ricerca e formazione, l’informazione scientifica viene dopo e si avvale dei dati della ricerca e dei lavori clinici da trasmettere agli operatori sanitari. E qui Codacons potrebbe occuparsi delle illecite interferenze del marketing in questo settore
Suggeriamo a Codacons di occuparsi anche dell’attività di lobbying che in Italia non ha nessuna regolamentazione.
Interessi poco chiari fanno sì che non possano essere approvate norme che rendano trasparente l’azione dei lobbisti perché altrimenti cadrebbero gli altarini. L’attività di lobbying può essere corretta, legittima e chiara, ma l’assenza di una legge impedisce all’elettore di comprendere cosa c’è davvero dietro l’emendamento presentato dal singolo deputato, quale interesse e chi l’ha redatto; impedisce di sapere chi paga e per cosa.
Secondo il rapporto redatto nel 2015 da Corporate Europe Observatory (CEO) big pharma ha denunciato una spesa per attività di lobbying, a livello di Comunità Europea, pari a 40 milioni di euro (nel 2012, 8,3 milioni di euro). Un enorme potere economico, attraverso il quale è in grado di influenzare i processi decisionali che avvengono negli organi comunitari. E in Italia?
Much Ado About Nothing, Molto rumore per nulla, per dirla con Shakespeare, dove l’elemento comico si fonde a quello tragico. Comica la diffamazione di codacons, tragico l’effetto sulle persone che non conoscono la realtà.
Redazione Fedaiisf – 22 gennaio 2018
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Chi difende i consumatori dalle associazioni dei consumatori?
Filippo Anelli (Pres. Fnomceo): «La trasparenza non può ritorcersi contro chi l’adotta, siamo proprio noi medici a volerla e l’abbiamo codificata con l’industria. Ma il fatto che un medico sia pagato dall’industria non può trasformarsi in una presunzione di rapporto illecito».