Chiude la Merck Sharp & Dohme, 270 posti a rischio

La multinazionale americana vuole abbandonare Pavia. Filctem Cgil: "È un atto inaccettabile contro il nostro paese: vogliono trasferire la produzione all’estero e lasciare in Italia solo il settore commerciale. Il governo intervenga"

Il 6 giugno scorso i vertici aziendali della “Merck Sharp & Dohme” – la potente multinazionale farmaceutica americana – ha annunciato alla Rsu e ai sindacati territoriali Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil la chiusura, entro il 2014, dello stabilimento produttivo di Pavia, dove sono 270 i lavoratori attualmente occupati oltre a un considerevole indotto. Il sito industriale si era specializzato negli anni nella produzione di un farmaco che “Merck” esporta sul mercato mondiale e che vale, in termini di redditività, circa il 30% dell’utile complessivo dell’intero gruppo.

“Un atto inaccettabile, contro il nostro paese”: è il grido di allarme che lancia Marco Falcinelli, segretario nazionale Filctem Cgil: "L’ennesima dimostrazione di quello che andiamo dicendo da anni circa la volontà delle multinazionali del farmaco di trasferire la produzione e lasciare in Italia solo il presidio commerciale”.

"L’annuncio della chiusura – prosegue la nota – arriva dopo che, negli ultimi tre anni, la multinazionale d’oltre Oceano, aveva già licenziato nel nostro paese più di mille informatori scientifici, venduto due società controllate (Neofarmed e Gentili), chiuso l’altro stabilimento produttivo di Comazzo (Lodi), venduto il Centro di ricerche e sviluppo Irbm di Pomezia".

“Chiediamo all’azienda – insiste il segretario – di ripensare la sua decisione e al governo italiano la convocazione urgente di un tavolo di discussione al ministero dello Sviluppo economico, perchè la politica, le istituzioni tutte, non possono continuare ad assistere passivamente alla deindustrializzazione dell’Italia”.

Come è noto, il settore farmaceutico ha perso negli ultimi cinque  anni quasi 12mila addetti: "Una ‘strage’ occupazionale che – per la Filctem Cgil – deve essere invertita e l’unico modo per farlo è iniziare a ragionare seriamente di politica industriale e del rapporto tra questa, l’allarme lavoro e la salute dei cittadini".

07/06/2013 

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