Giuseppe Chiellino
MILANO
Comunque li si voglia leggere, i dati della produzione industriale di aprile sono brutti. Anche se non del tutto inaspettati. I centri studi avevano preannunciato un andamento negativo, ma forse pochi si aspettavano un calo di dimensioni tali da riportare le lancette dell’industria indietro di due anni e mezzo, a novembre 2009, il momento peggiore di quello che è stato definito "annus horribilis" per l’economia.
L’indice destagionalizzato è diminuito del 9,2% rispetto ad aprile 2011. Ormai da 8 mesi non si vede un segno tendenziale positivo. Su base mensile il calo è stato dell’1,9% e la media dei primi quattro mesi 2012 segna già un calo del 6,6 per cento.
Nelle tabelle dell’Istat traspare tutta la preoccupazione che guida e condiziona, ormai da alcuni mesi, i comportamenti delle imprese e delle famiglie. Più della metà del calo dell’indice generale dipende dai beni intermedi. Quei beni, cioè, destinati ad altre industrie per essere trasformati in prodotti finiti. Pesante anche l’andamento dei beni strumentali, destinati a loro volta alla produzione di altri prodotti. E non poteva essere altrimenti, dal momento che da mesi la produzione di beni di consumo, soprattutto quelli durevoli, è in caduta: -12,3% rispetto ad aprile 2011 e -11,6% il calo accumulato dall’inizio dell’anno rispetto allo stesso periodo 2011. La riduzione complessiva dei beni di consumo è stata del 7,9%. Sempre su base annua, il calo della produzione di beni intermedi è stato del 12,8% mentre i beni strumentali hanno segnato -6,2 per cento. Nel confronto con marzo, solo per l’industria energetica si registra un dato positivo (+1,9%) su cui può aver influito, in parte, l’aumento dei prezzi.
I settori di attività più in sofferenza sono la produzione di elettrodomestici, in calo del 15,6% annuo e del 2,4% mensile, la produzione di articoli in gomma e plastica (-14,7% annuo e -5% mensile) e la chimica (-10,3% e -4,8%). La frenata colpisce anche comparti manifatturieri come quello delle macchine utensili che negli anni scorsi hanno resistito meglio alla crisi grazie ad un forte orientamento all’export. Tiene, invece, la produzione di farmaci che registra una riduzione dei volumi molto contenuta su base annua e un piccolo incremento rispetto a marzo. Sempre nella manifattura, a voler cercare segnali positivi, si può guardare al +1,3% mensile del tessile abbigliamento che però ha accumulato un calo di oltre il 9% nei primi quattro mesi dell’anno. Nel confronto con aprile 2011, solo le attività estrattive (petrolio, gas e minerali) segnano un solido +6,5%.
Ad uno scenario così fosco – su cui solo i sindacati confederali si sono espressi chiedendo in coro una svolta nella politica industriale orientata alla crescita e allo sviluppo – si aggiungono le previsioni Svimez. In un anno di recessione per tutto il Paese, sarà soprattutto (e ancora una volta) il Mezzogiorno a pagare il prezzo più alto. Quest’anno calo del Pil, infatti, sarà in media dell’1,8% ma mentre nelle regioni centro-settentrionali sarà "solo" dell’1,4%, al Sud ar