Nel 2009 Pfizer assorbe la rivale Wyeth e, con essa, anche il laboratorio catanese. Il 16 settembre 2011 Pfizer cede il centro alla Myrmex, azienda amministrata da Gian Luca Calvi, per un euro.
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Il confronto tra i rappresentanti sindacali (per la Filctem Cgil e la Cgil, Margherita Patti, Peppe D’Aquila e Giovanni Romeo, per la Uilctem Uil, Alfio Avellino, per la Rsu Sebastiano Canarelli e Giovanni Cantone) e i rappresentanti della Myrmex (presente il delegato Salvatore Celeste), si è tenuto stamattina, 4 dicembre, e per l’occasione i sindacati hanno nuovamente espresso “la loro opposizione a qualunque licenziamento chiedendo il ritiro della procedura di mobilità come già espresso in sede ministeriale – si legge nel verbale della riunione- e come da invito all’azienda da parte del Ministero delle attività produttive, in virtù anche di quanto dichiarato dal MIUR sulla mancata continuità della ricerca relativa ai progetti PON ed in particolare al vincolo dei cinque anni di mantenimento della stabile sede ed organizzazione”.
Nel corso dell’incontro al Ministero, inoltre, l’assessore regionale alle Attività produttive Mariella Lo Bello ha proposto uno soluzione pubblico-privato con l’Università di Catania e l’azienda, che potrebbe mantenere in vita il laboratorio, l’attività di ricerca e e i posti di lavoro esistenti. Sul tema del vincolo, la Myrmex ha assicurato la stabilità della sede; elemento che però non influirà positivamente sul destino dei lavoratori. L’azienda, in pratica non cambia idea nemmeno di fronte allo spiraglio aperto dalla Regione. “L’atteggiamento dell’azienda si mantiene rigido nonostante tutti i nostri tentativi di confronto. Questa chiusura per noi non è sinonimo di fermezza ma si traduce in mancanza di visione. Chiuderà un laboratorio d’eccellenza, i lavoratori perderanno l’occupazione e il territorio subirà un altro contraccolpo”, commentano i sindacati.
04 dicembre 2015 – Rassegna.it
Chi è la Myrmex
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Il 16 settembre 2011 Pfizer cede il centro alla Myrmex, azienda amministrata da Gian Luca Calvi, protagonista nel settore sanitario ma in ben altro mercato, quello delle protesi ortopediche. Calvi rileva un laboratorio con standard di efficienza internazionali, superficie di 10mila metri quadri e – soprattutto – riceve una dote eccezionale: i programmi di ricerca, in collaborazione con il Cnr e l’Istituto superiore di Sanità, finanziati dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur).
Calvi s’impegna con Pfizer a mantenere per due anni i contratti stipulati con i ricercatori: i due anni sono scaduti il 16 settembre 2013 e i lavoratori sono sempre più preoccupati.
Dal settembre 2011, il piano industriale presentato dall’avvocato Gian Luca Calvi, non è stato realizzato, tranne la parte del trasferimento di studi di ricerca trasferiti da Pfizer. Il MIUR ha erogato il 7 agosto 2013 3 milioni di euro per questi studi. Studi che ai dipendenti non risultano mai effettuati.
Estratto da Miur, tre milioni al laboratorio delle ricerche fantasma: “Non lavoriamo mai”
Le formiche sanno costruire stupefacenti sistemi organizzati sfruttando al meglio il materiale di cui dispongono. Lavorano con abnegazione, ciascuna seguendo la propria specifica competenza.
Sanno lottare e soffrire ma, soprattutto, non cedono mai: non c’è briciola da trasportare che, per quanto enorme, sia capace di scoraggiarle.
Luciano Gallino. Si sono susseguite notizie relative alla chiusura o al ridimensionamento di aziende o stabilimenti controllati da multinazionali straniere, con perdita immediata o prevedibile di migliaia di posti di lavoro. Sono segnali di una situazione del tutto anomala che caratterizza la nostra industria. L’Italia è infatti il solo paese Ue in cui quasi metà dell’industria chimica, farmaceutica, alimentare, elettrotecnica di gamma alta, degli elettrodomestici, della telefonia mobile ecc. è controllata da imprese estere. Anche la siderurgia ha imboccato tale strada, con la cessione delle acciaierie Lucchini ai russi della Severstal, dopo la cessione tempo addietro della Acciai Speciali Terni alla ThyssenKrupp.
L’evidenza suggerisce che l’Italia riceve dall’estero pochi investimenti, e ne effettua ancor meno in altri paesi. Nel 2003 essa ha ricevuto appena 16,4 miliardi di dollari di investimenti diretti all’estero (Ide), e ne ha effettuati la miseria di 9,1. La Francia ne ha ricevuti quasi tre volte tanti, 46,9 miliardi di dollari, e ne ha effettuati quattro volte di più, cioè 57,2 miliardi. Inoltre, come avviene da tempo, gli investimenti ricevuti dall’Italia non sono stati in quasi nessun caso del tipo green field, consistenti cioè nell’apertura dal nulla di nuove unità produttive, con relativa creazione di posti di lavoro addizionali. Sono consistiti semplicemente nell’acquisto di aziende già in attività, con effetti minimi, e talora negativi, sull’occupazione.
Sembrerebbe quindi che aver passato nelle mani di imprese estere quasi metà dei nostri principali settori industriali ci abbia portato in casa il peggio della globalizzazione, cioè la dipendenza da soggetti economici lontani e irresponsabili; un avvìo, in altre parole, allo stato di un paese che rischia di essere, al tempo stesso, sia colonizzato che povero.
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