Perché la produzione di medicinali non è nei fatti proporzionata alle richieste del mercato complessivo?
Giovedì, 25 Settembre 2014 – Farmacista33
«Il problema da focalizzare è il contingentamento dei farmaci, non tanto la carenza: quello che occorre chiedersi è piuttosto perché la produzione di medicinali non è nei fatti proporzionata alle richieste del mercato complessivo – composto da domanda italiana ed estera – ma a quanto pare risulta sottodimensionata. Possibile che si lasci volutamente insoddisfatta una parte del fabbisogno?»
A lanciare la provocazione è Domenico Di Tolla, delegato regionale Fofi per la Puglia: «La mia Regione è stata una delle prime a essersi mossa sul tema della carenza di farmaci, con l’attivazione, attraverso i servizi farmaceutici, di commissioni per i controlli ai grossisti e, attraverso i Nas, dei presidi. Da noi sono poche le farmacie che fanno export, forse anche per una ragione logistica e di posizione.
Di magazzini in tutta la Regione ce ne sono una decina e di questi sono noti quelli che fanno esportazione. Se si affronta la problematica andando a ricercare un problema strutturale, sulla filiera, dalla produzione alla distribuzione, si va poco lontano: siamo pieni di dati, da quelli che producono le industrie, alle farmacie, a quelli che arrivano dalla distribuzione intermedia.
Sappiamo quale è la domanda, da dove arrivano i farmaci, conosciamo chi fa export. Che cosa possono mettere in luce allora i controlli come questi? La questione andrebbe spostata su un’altra direzione: se il territorio italiano ha una certa domanda che comprende tanto una richiesta interna quanto una estera, e se ugualmente all’estero c’è un determinato fabbisogno, perché la produzione di certi farmaci non riesce a essere proporzionata ma risulta sottodimensionata?».
Come a intendere che c’è una domanda (e una risposta) che sfugge e «quindi forse controlli e indagini andrebbero rivolte al di fuori di un circuito già di per sé tracciato, andando a capire dove ci possono essere anomalie».
Ma ci sono anche altri nodi aperti: «Ho in mente l’ultima interrogazione parlamentare sulla carenza di farmaci che ha riguardato un antitumorale erogato soprattutto dalle farmacie ospedaliere: perché il fenomeno non viene inquadrato anche lì, dove effettivamente si erogano farmaci in realtà più costosi?».
E poi ci sono le 48 ore: «È un errore chiedere alle farmacie di fare la segnalazione di carenze dopo una mancanza di 48 ore: non si considerano le ragioni logistiche. Per esempio una farmacia può servirsi da due magazzini, che possono non avere il farmaco, disponibile invece in altri magazzini. Con questa tempistica non ci si rende davvero conto quando il farmaco è mancante nel circuito regionale».
Come pure la classificazione: «Credo che sarebbe più opportuno parlare di carenze all’interno di una certa area terapeutica invece che sull’Aic: spesso i pazienti hanno a disposizione diverse risposte terapeutiche al problema e si tratterebbe di portare, anche attraverso i medici, i pazienti ad accettarle in modo che non rimangano scoperti dalla terapia».
Francesca Giani