Questo non pesa dal punto di vista economico sulla Sanità regionale poiché se il cittadino prende il brand o il generico, l’importo sostenuto dalla Regione è lo stesso. L’affermazione che «un maggior ricorso ai generici farebbe risparmiare il Servizio sanitario regionale, non è vero ed è fuorviante».
Venerdì, 14 Novembre 2014 – Farmacista33
In Calabria i farmaci generici si usano meno che in altre Regioni, rappresentano il 17% del totale delle unità dispensate contro la media nazionale del 24%, stando a recenti dati di Assogenerici, ma questo non pesa dal punto di vista economico sulla Sanità regionale poiché se il cittadino prende il brand o il generico, l’importo sostenuto dalla Regione è lo stesso. Puntualizzano così Vincenzo Defilippo e Alfredo Misasi, rispettivamente presidente e vicepresidente di Federfarma Calabria, quanto emerso nei giorni scorsi dall’incontro sul tema “I farmaci equivalenti per la sostenibilità del sistema sanitario regionale in Calabria” organizzato da Assogenerici a Catanzaro nei giorni scorsi.
Secondo Federfarma Calabria quanto sostenuto dagli organizzatori, cioè che «un maggior ricorso ai generici farebbe risparmiare il Servizio sanitario regionale, non è vero ed è fuorviante». Il sindacato sottolinea che in Calabria «l’incidenza della spesa per l’intera categoria dei farmaci a brevetto scaduto, che comprende sia quelli di marca che i generici, è perfettamente in linea con la media nazionale». E ricorda che «se il cittadino vuole un farmaco più costoso o se il medico ha indicato sulla ricetta la non sostituibilità da parte del farmacista del farmaco prescritto, deve pagare la differenza tra prezzo di rimborso e prezzo del farmaco».
E poi aggiunge: «È vero, invece, che un più ampio utilizzo dei generici farebbe risparmiare i cittadini che in molti casi non si fidano dei farmaci generici a seguito delle tante polemiche, spesso strumentali, sulla loro efficacia. Dunque, anziché diffondere messaggi fuorvianti su risparmi inesistenti, sarebbe necessario unire gli sforzi di tutti gli attori del sistema, per garantire un sempre più attento monitoraggio delle terapie, prevedendo un sistema di presa in carico dei pazienti cronici da parte delle farmacie in sinergia con i medici di medicina generale, in modo da garantire un uso corretto e appropriato dei farmaci».
Questo, dicono i rappresentanti provinciali dei titolari, è la via «per ottimizzare l’uso delle risorse e sfruttare al meglio le opportunità di risparmio offerte dai medicinali a brevetto scaduto, utilizzandoli sempre quando possibile. Le risorse così liberate dovrebbero essere utilizzate per finanziare la diffusione dei medicinali innovativi che dovrebbero essere resi disponibili tramite le farmacie, agevolando i cittadini e garantendo la massima trasparenza su spesa e consumi grazie al monitoraggio assicurato dalle farmacie stesse». In questo modo, concludono, «si instaurerebbe realmente un circolo virtuoso che farebbe dei medicinali a brevetto scaduto un polmone per garantire la diffusione dell’innovazione e della farmacia e dei medici di medicina generale realmente gli attori centrali del processo di potenziamento dell’assistenza territoriale».
Simona Zazzetta
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N.d.R.: se è vero, come è vero, che l’eventuale risparmio è del cittadino viene da chiedersi come questo risparmio del cittadino possa liberare risorse per la ricerca e l’innovazione?
La risposta a questa tesi è più complessa. I sostenitori della tesi che i farmaci generici incentivano l’innovazione e ricerca ipotizzano che una grande multinazionale, in previsione della scadenza del brevetto di un farmaco, sia incentivata appunto a brevettarne un altro e quindi ad incrementare appunto la ricerca e l’innovazione.
La realtà però ci dice che i brevetti per nuovi farmaci sono sempre meno e la presenza dei generici provoca l’effetto opposto. Che senso avrebbe per un azienda impegnarsi (con risorse enormi) in una ricerca per una copertura brevettuale che non può più garantire una remunerazione adeguata proprio per la presenza dei generici?
Per le multinazionali la soluzione è semplice: puntare esse stesse sui generici, abbandonare la ricerca sui farmaci per la medicina di base non più remunerativa e puntare su farmaci biotecnologici che garantiscono enormi plusvalenze, anche per tempi più limitati ma con pochi costi fissi.
Ims, nei prossimi 5 anni innovazione come a inizio 2000
Le previsioni, 35 nuovi farmaci l’anno in arrivo
“Nei prossimi 5 anni, a livello globale, prevediamo un ritorno del tasso di innovazione simile a quello dei primi anni 2000. Verranno infatti lanciati una media di 35 nuovi farmaci ogni anno, per la gran parte biologici e orfani che avranno meccanismi di azione del tutto nuovi. In Italia, tuttavia, questa trasformazione arriva con un significativo ritardo rispetto alla registrazione dei nuovi farmaci a livello europeo”.
Lo ha dichiarato Sergio Liberatore, general manager di Ims Health, all’incontro ‘Over The Horizon’, l’appuntamento che ogni anno fa il punto sul mercato farmaceutico, svelando numeri, trend, dinamiche nazionali e internazionali.
“L’evoluzione del mercato italiano – ha affermato Graham Lewis, Vice President Global Pharma Strategy, Ims Health – punta sui farmaci della medicina specialistica, sullo sviluppo dei canali Dpc e sull’ospedaliero, nonostante i ritardi sull’accesso dei nuovi farmaci (time to market di 14 mesi dall’approvazione Ema, cui si aggiungono i ritardi regionali.)
La crescita del settore healthcare in Italia, tenendo conto di tutti questi fattori, sarà dettata da alcuni principali macro trend”. Fra i principali driver di sviluppo ci saranno il web ed in generale le applicazioni di ehealth, che stanno assumendo un ruolo chiave a livello di comunicazione e nella generazione di cost saving.